Di Giulio Meotti da Il Foglio del 20/03/2024
Roma. “Big Sister is watching you”, titola lo Spectator, facendo il verso a 1984 di George Orwell. La lotta alla parità di genere in Scozia sta prendendo una strana piega repressiva. Si sta definendo una legge che punirà anche solo chi dirà che i sessi sono due, non duecento come vorrebbero certi social. Humza Yousaf, primo ministro scozzese, ha deciso di dare una spinta a una legge nota come “Hate Crime Act” e che dal primo di aprile diventerà esecutiva. La norma estende il crimine di “incitamento all’odio”, finora previsto soltanto per i casi di razzismo. Ora non saranno previste punizioni solo per chi molesta o aggredisce le persone, ma anche per chi esprime idee contrarie all’identità di genere. La dissidente scozzese più nota, J.K. Rowling, ha giurato di continuare a dire “a man is a man”, in barba alla nuova legge e anche se dovesse costarle un processo e diventare una nuova David Irving, una negazionista di genere. “A man is a man” non è il brano degli Who o lo slogan che pose fine alla schiavitù negli Stati Uniti, ma la rivendicazione della differenza sessuale binaria da parte delle donne.
L’autrice di Harry Potter ha dichiarato che non cancellerà i suoi post sui social, nei quali ha regolarmente sostenuto da tre anni che le donne trans non sono donne, per evitare di essere portata in tribunale “in base a questa legge ridicola”, come l’ha definita. Joanna Cherry, deputata del Partito nazionale scozzese (lo stesso del premier Yousaf) e femminista critica nei confronti delle politiche di genere del governo, ha dichiarato di non avere dubbi sul fatto che le nuove leggi “saranno usate come arma contro le donne che esercitano il loro diritto alla libertà di parola”.
Gli attivisti hanno già tentato senza successo di far arrestare Rowling per “misgendering” dopo che aveva pubblicamente definito India Willoughby, una personalità televisiva transgender, un maschio.
L’avvocato Rajan Barot, ex procuratore del Crown Prosecution Service, domenica ha avvertito sui social la Rowling della data di entrata in vigore della nuova legislazione e del fatto che “qualsiasi post pubblicato dopo tale data è perseguibile in Scozia”. “E’ meglio che cancelli i post su India Willoughby perché violano la nuova legge”. La Open University, la più grande del Regno Unito, ha cancellato un commento sul gender di Alistair Bonnington, insigne giurista ed ex consulente della Bbc, che ha avuto l’ex premier scozzese Nicola Sturgeon fra i suoi allievi. Bonnington ha criticato la legge sui crimini d’odio in Scozia, affermando che “renderebbe un crimine negare che una donna trans (cioè un uomo) sia una vera donna. Sembra che le femministe in Scozia possano aspettarsi l’incarcerazione”. Saranno guai anche per Marion Millar, una nota femminista scozzese, già accusata di “crimine d’odio” per presunti post “transfobici”, arrestata e rilasciata su cauzione dopo un interrogatorio di due ore, accolta dagli applausi di un gruppo di sostenitrici, molte delle quali indossavano magliette con le parole con l’hashtag “#WomenWontWheesht”, le donne non staranno zitte. E in nome del “debanking”, la Royal Bank of Scotland ha chiuso il conto della professoressa Lesley Sawers, commissario scozzese per le pari opportunità e i diritti umani, molto critica del transgender. La Scozia è legata ai nomi di due grandi filosofi illuministi: Adam Smith e David Hume. E si capisce il perché. Libertà e tolleranza intellettuale. Due punti fermi nella civiltà europea. Per essere inclusivo, Hume dovrebbe cambiare il titolo del suo capolavoro, il “Trattato sulla natura umana”, nel “Trattato sulle persone come si percepiscono”.