Il silenzio è il sottofondo musicale e liturgico più adeguato al mistero che la Chiesa celebra in questo giorno santo. Nei confronti del silenzio noi nutriamo sentimenti contrastanti. Da una parte lo desideriamo per fuggire alla frenesia della vita, ma dall’altra lo temiamo perché sappiamo bene che è la via maestra per scendere agli inferi del nostro cuore, dove spesso mancano ancora la pace e la gioia dei figli di Dio.
Nel principio della creazione, secondo la Genesi, al silenzio è riservato un posto d’onore, a cui il Signore Dio per nessun motivo sembra disposto a rinunciare. Il settimo giorno è benedetto da Dio e consacrato, proprio a motivo della totale assenza di lavoro. La medesima grazia è nascosta e custodita dal Sabato Santo, autentico centro del Triduo pasquale. In esso, infatti, non si celebra un’opera di Dio, ma esattamente il contrario, cioè la rinuncia al dover aggiungere il sigillo di un’ulteriore opera a quanto già vissuto e offerto con amore nel dono del Figlio, consegnato per la nostra salvezza.
Forse la difficoltà che noi tutti sperimentiamo a riposare e cessare da ogni lavoro si radica proprio in una certa insoddisfazione di fondo rispetto a ciò che stiamo vivendo al presente. Accumuliamo cose, occasioni, impegni, perché in fondo in nessuna circostanza ci sembra di riuscire a donarci totalmente; siamo tutti senza riposo perché non portiamo a termine, non riusciamo a dire con Gesù: “Padre, tutto è compiuto, nelle tue mani consegno il mio spirito” (cfr. Lc 23,46; Gv 19,30). Cioè, non portiamo pienamente nell’amore di Dio nessuna delle cose che facciamo. Viceversa, nel mistero del Sabato Santo veniamo invitati a riscoprire quanta fecondità può sgorgare da quei momenti in cui, dopo aver fatto tutto ciò che potevamo, non ci resta che attendere, pieni di speranza in quanto abbiamo potuto vivere e patire. Smettiamo la nostra ricerca e lasciamo parlare Dio. Maria Addolorata osserva il Figlio durante la Passione, mentre porta a termine quanto era già stato profetizzato da Isaia nei Carmi del Servo Sofferente, ma serba ben in cuore la promessa della sua Risurrezione, il terzo giorno. Il suo silenzio è colmo di santa attesa: riposa sulle parole del Figlio suo.
Mentre il corpo del Signore ha accettato di restare prigioniero del sepolcro e della morte, il suo spirito è potuto scendere negli inferi per visitare coloro che erano ancora schiavi del peccato e attendevano la salvezza. Questo è il frutto dell’amore di coloro che sanno donarsi fino in fondo e poi scoprono di essere capaci di gustare il silenzio di un tranquillo riposo, dove ritemprano la forza per riprendere il cammino verso gli altri, per offrire e condividere la gioia di una comunione nell’amore sempre possibile senza alcun vanto, senza alcun timore. Silenziosamente.