All’agiografia si intreccia la simbologia che attribuisce alla leggendaria giovinezza del cervo significati pasquali e un ruolo di primo piano nel “bestiario cristiano”.
di Stefano Chiappalone
La basilica romana di Sant’Eustachio, nell’omonimo rione a due passi dal Pantheon, presenta una curiosa ma significativa caratteristica: la facciata culmina con la testa di un cervo, recante una croce tra le corna. Il riferimento è all’episodio che fece da spartiacque nella vita del santo titolare –un militare romano martirizzato nell’anno 120 – la cui raffigurazione più celebre e suggestiva è certamente quella dipinta nel XV secolo da Antonio di Puccio Pisano, detto Pisanello (1395-1455), e attualmente custodita presso la londinese National Gallery.
Stando alla Legenda aurea del domenicano Jacopo da Varagine (1230-1298), la sua conversione risale a una battuta di caccia, quando Placido – questo il nome di Eustachio prima del battesimo – si imbatté in un misterioso cervo, che aveva tra le corna una croce luminosa, sulla quale vide e udì lo stesso Cristo rivolgergli queste parole: «Placido, perché mi perseguiti? Io sono Gesù che tu onori senza sapere».
All’agiografia si intreccia la simbologia, che attribuisce al cervo un ruolo di primo piano negli infiniti bestiari derivati dal Fisiologo (un testo alessandrino del II-III secolo, la cui discendenza letteraria è ramificata quanto le corna dell’animale in questione). «Il Fisiologo ha detto del cervo che è feroce nemico del drago. Quando il drago fugge dal cervo nascondendosi nelle crepe del terreno, il cervo va a riempire le cavità del suo ventre di acqua e le vomita nelle crepe del terreno, ne trae fuori il drago e lo uccide». A sua volta, «il Signore è venuto a dare la caccia al grande drago; allora il demonio si è nascosto nelle parti più profonde della terra, come in una grande fessura, e il Signore versando dal proprio fianco il sangue e l’acqua, ci ha liberato dal drago; mediante un lavacro di rigenerazione che ha effuso su di noi, ha distrutto in noi ogni influenza diabolica» (Anonimo Fisiologo greco, n. 30). Impossibile non vedere nell’accenno al sangue e all’acqua usciti dal costato di Cristo un chiaro riferimento pasquale, confermato ulteriormente dal Bestiario divino di Guillaume Le Clerc (autore vissuto nel XIII sec.), che dopo aver descritto la caccia contro il drago o il serpente – che avviene «quando [il cervo] invecchia, e poi torna in piena forma e in salute» – aggiunge che «allo stesso modo agì Nostro Signore Gesù Cristo, il nostro Salvatore, quando ruppe le porte dell’inferno e annientò il demonio»: è il mirabile scontro e il trionfo della Vita sulla morte – «mors et vita duello / conflixere mirando» – proclamato nel Victimae paschali, la sequenza liturgica dell’ottava di Pasqua.
A questa lotta sono legate la rigenerazione delle corna e la leggendaria giovinezza del cervo, che «annulla il veleno, e ritorna giovane quando perde le corna» (Fisiologo di Tebaldo, VI): una perenne rigenerazione che è figura della Risurrezione.
Sabato, 30 aprile 2024