Di Marco Respinti da Libero del 05/05/2024
Una chiacchiera si aggira spettrale nella cultura europea, e come tutte le pochezze è dura da debellare. Conosce formulazioni inclite e varianti dozzinali, ma la si può riepilogare così: la Rivoluzione Americana fu l’antenata soft della Rivoluzione Francese, madre e matrice, anche quando matrigna, delle «magnifiche sorti e progressive» della modernità. Non è però così, e chi si assume la responsabilità culturale, nobile e contundente, di affermarlo è la penna più importante che il conservatorismo statunitense abbia espresso nella seconda metà del Novecento, lo storico delle idee Russell Kirk (1918-1994). Proprio Kirk, remando controcorrente, ha infatti rifondato quello che oggi negli Stati Uniti si definisce appunto «conservatorismo».
La documentazione principale Kirk l’ha raccolta in un libro cruciale che giunge ora in italiano (l’originale è del 1997) con il titolo Diritti e doveri. Saggio sullo spirito conservatore della Costituzione americana. Per i tipi dell’Editoriale Scientifica di Napoli, lo cura Agostino Carrino, professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico nell’Università di Napoli Federico II, che antepone al testo una generosa introduzione meritevole di discussione e approfondimento.
LA PARENTELA INESISTENTE
Per Kirk, il conservatorismo è anzitutto un atteggiamento spirituale che plasma una mentalità. La chiave di volta è il pensiero dello statista irlandese Edmund Burke (1729-1797), il primo critico a tratti sbalorditivamente profetico della Rivoluzione Francese come spartiacque fra due mondi antagonisti. «L’era della cavalleria è finita. Le è succeduta quella dei sofisti, degli economisti e dei calcolatori, e la gloria d’Europa è estinta per sempre», scrisse Burke nelle Riflessioni sulla rivoluzione in Francia del 1790 (che tradussi in italiano nel 1998), scagliando contro l’era nuova delle ideologie la madre di tutti gli strali.
Prima ancora Burke aveva difeso la protesta dei coloni britannici dell’America Settentrionale – culturale e addirittura metafisica, ma vestita da rivolta fiscale – rimproverando alla Corona degli Hannover il rinnegamento della propria storia plurisecolare di ordine nella libertà e una pericolosa china assolutistica. Qui una seconda chiacchiera o non comprende questi due aspetti della medesima battaglia politico-culturale di Burke o crede sia la prova provata della parentela fra Rivoluzione Americana e Rivoluzione Francese.
FIGLI DELLA GRECIA
Invece la critica serrata che lo statista irlandese rivolse alla Rivoluzione Francese dello Stato padre-padrone e il favore con cui guardò alla “non-rivoluzione” degli americani difendeva su fronti diversi l’essenza della civiltà occidentale fondata sulla concezione aristotelica-cristiana del diritto naturale. Kirk entra in scena qui, erede di Burke e interprete non di un’“altra America”, bensì dell’America vera. Oggi minoritaria, certo, ma Kirk non è mai stato fra chi pensa che la verità dipenda da una conta democratica. Come illustra sul piano storico ne Le radici dell’ordine americano (che tradussi nel 1996), anche gli Stati Uniti, persino gli Stati Uniti sono figli della Grecia della filosofia dell’essere, della Gerusalemme della rivelazione divina, della Roma del diritto e poi del cristianesimo – «quella Roma onde Cristo è romano», diceva Dante, riattualizzato dal poeta T.S. Eliot, modello di conservatorismo e amico di Kirk – e della tradizione medioevale che Londra “ha tradotto in inglese”. È questa storia la loro Costituzione conservatrice, questi i Diritti e doveri che li vincolano.