In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il re tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio».
E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo (Marco 12,28b-34).
«Se mi amate osserverete i miei comandamenti» (Gv 14,15). Se ci limitassimo a questa sola espressione, si direbbe che l’amore sia una questione di forza muscolare. Sarebbe un amore che impegna solo la volontà, non anche il cuore e la persona tutta intera, con le sue risorse affettive e il suo slancio vitale (quest’ultimo attributo spirituale era grande nell’apostolo Pietro). Un amore senza gioia, perché non c’è gioia senza slancio vitale. Sarebbe così un amore freddo, com’era quello dei filosofi greci, nel dovere di assimilarsi a Dio, imitandone la bellezza e l’impassibilità.
Gesù Cristo apre una via migliore. Non si tratta solo di sforzo umano per osservare il Vangelo. Gesù intende dire che solo chi lo ama, sarà in grado di osservare la sua parola. Nel versetto 24 dello stesso capitolo di Giovanni, Gesù afferma: «Chi non mi ama, non osserva le mie parole»; quindi, non è in grado di osservarle. L’amore è la causa, non l’effetto dell’osservanza. Chiaramente, la conferma dell’amore di Dio versato in noi è la coerenza ai dieci comandamenti. Essa ne è la vera e propria autenticazione.
Questo misterioso amore di Dio, che suscita in noi una congruente risposta, è la scelta di Dio, che in teologia viene chiamata opzione fondamentale. È qualcosa che nasce e cresce contemporaneamente alla fede e alla speranza, è un dono, cioè la virtù teologale della carità. Affinché tutto ciò si compia in noi, bisogna che sia Dio, per primo, ad amarci. Questo è avvenuto in Gesù Cristo! Dio ci ha amati e ha colmato una distanza insuperabile per le forze umane, tra carne e spirito, tra Dio e l’uomo. Questa capacità è detta grazia di Dio. Di essa dobbiamo tutti essere pienamente ricolmi, come era la Vergine Maria. È la stessa vita divina di Gesù donata a noi nella Pentecoste: essa procede nel Battesimo e in tutti i Sacramenti della Chiesa. Essa ci permette di chiamare Dio “Abbà, Padre”.