In quel tempo, vennero da Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e lo interrogavano dicendo: «Maestro, Mosè ci ha lasciato scritto che, se muore il fratello di qualcuno e lascia la moglie senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. C’erano sette fratelli: il primo prese moglie, morì e non lasciò discendenza. Allora la prese il secondo e morì senza lasciare discendenza; e il terzo ugualmente, e nessuno dei sette lasciò discendenza. Alla fine, dopo tutti, morì anche la donna. Alla risurrezione, quando risorgeranno, di quale di loro sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Rispose loro Gesù: «Non è forse per questo che siete in errore, perché non conoscete le Scritture né la potenza di Dio? Quando risorgeranno dai morti, infatti, non prenderanno né moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli. Riguardo al fatto che i morti risorgono, non avete letto nel libro di Mosè, nel racconto del roveto, come Dio gli parlò dicendo: “Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe”? Non è Dio dei morti, ma dei viventi! Voi siete in grave errore» (Marco 12,18-27).
Gesù risponde ai sadducei in modo esemplare. Rimane nel linguaggio biblico, svela l’errore, lo corregge, e fonda la fede nella resurrezione. I sadducei leggono la Bibbia da razionalisti e non scorgono ciò che più conta: la Potenza di Dio (v. 24). Essa crea dal nulla e alla fine dei tempi opererà anche la nostra risurrezione, che essa sola può realizzare, non certo la natura. Forse i sadducei avevano assorbito le idee ellenistiche, per cui solo l’anima nell’uomo è immortale. Secondo la sapienza greca l’uomo sopravvive alla morte, non per la potenza di Dio che lo risuscita, ma perché la sua anima è naturalmente immortale e ha solo bisogno di liberarsi dal corpo per vivere in eterno. La caricatura che i sadducei fanno della vita dei risorti servirebbe, in questo caso, a combattere non tanto l’idea che ci sia una vita dopo la morte, quanto l’idea che vi sia una risurrezione anche per il corpo.
È il caso di focalizzare questo aspetto meraviglioso della fede cristiana, a cui alle volte stentiamo ad aderire perché appare… troppo bello per essere vero. Secondo San Paolo, noi non vogliamo sopravvivere con una parte sola del nostro essere, l’anima, ma con tutto il nostro io, anima e corpo; perciò, non desideriamo che il nostro corpo mortale venga distrutto, ma che «venga assorbito dalla vita» e si vesta, esso stesso, di immortalità (cfr. 2Cor 5,1-5; 1Cor 15,51-53). Vogliamo felicità piena con il nostro corpo, non con un’anima indefinita che invece si esprime solo con parole e azioni.
La grande novità della Bibbia, rispetto alla vita dopo la morte predicata da molte culture, è che la vita eterna da essa proposta non è una ripetizione a catena della vita terrena (reincarnazione), né una vita parziale della sola anima, ma vita eterna piena. L’intera persona creata da Dio è destinata a vivere nella comunione con Lui. Su di essa splende il sigillo eucaristico: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,54).