Lewis è principalmente conosciuto come uno scrittore di racconti. Basti pensare a Le cronache di Narnia, da cui sono state tratte alcune opere cinematografiche. Non meno importante, però, è la sua produzione teoretica e l’analisi dei contesti attuali e delle correnti culturali ed ideologiche da cui sono animati. A tal proposito, questo volume che raccoglie tre piccoli saggi – Uomini senza petto (pp. 9-31), La via (pp. 33-56) e L’abolizione dell’uomo (pp. 57-82), più un’Appendice (pp. 83-99) – ne è un esempio brillante.
Il filo conduttore degli scritti è rintracciabile in un’emergenza: lo smarrimento dell’umano che induce fino alla sua abolizione. Un tale itinerario è descritto, nel primo saggio, nell’artificiosa contrapposizione tra ragione e sentimenti. Lewis spiega come l’uomo abbia bisogno proprio del “cuore” per connettere le varie parti di cui è composto (intelletto e appetiti) in modo tale che non si sopprimano i sentimenti ma siano distinti in cattivi e buoni e questi ultimi collaborando con la ragione possano realizzare pienamente l’essere umano, secondo la propria natura: «Petto, Magnanimità, Sentimento: ecco gli indispensabili ufficiali di collegamento tra uomo cerebrale e uomo viscerale. Si può anche dire che è grazie a tale elemento intermedio che l’uomo è uomo: poiché per il suo intelletto è puro spirito e per i suoi appetiti puro animale» (p. 30).
Nel secondo saggio, l’analisi si allarga e giunge al cuore del discorso lewisano. L’autore, infatti, individua la “dimora” irrinunciabile in cui fiorisce l’umanità dell’uomo. Tracce di questa dimora sono presenti in ogni civiltà, come dimostrerà attraverso citazioni preziosissime in Appendice; essa consiste, in ciò che – per comodità – chiama Tao (la via) ma che «altri possono chiamare Legge Naturale o Morale Tradizionale o Principi Primi della Ragione Pratica o Primi Luoghi Comuni […]. È la sola e unica fonte di tutti i giudizi di valore» (pp. 49-50). Oggi si assiste ad una vera e propria lotta ideologica contro il Tao che, attraverso un’immagine, viene descritta come una rivolta dei rami di un albero contro il tronco. Una volta distrutto il tronco i rami non possono far altro che autodistruggersi.
Dunque, il terzo saggio narra proprio del dominio di alcuni uomini – gli scienziati – sulla natura umana, tanto da cambiarne i connotati in artificiali, per cui «la conquista finale dell’Uomo si è rivelata come abolizione dell’Uomo» (p. 67), laddove infatti non viene più seguito il Tao che assoggetta dominati e dominatori, questi ultimi imporrano la loro legge sulle moltitudini. L’uomo ridotto a mero groviglio neurobiologico non solo dunque smarrisce se stesso ma abolisce se stesso. Per Lewis non c’è alternativa: «O siamo spiriti razionali obbligati per sempre a obbedire ai valori del Tao, o siamo semplice natura da plasmare e modellare in nuove forme per il piacere di padroni che non devono, per ipotesi, avere altro motivo che i loro impulsi “naturali”»(p. 75).
Consigliato a quanti vogliono comprendere e analizzare l’attualità della questione antropologica.
Categoria: Saggio
Autore: Clive Staples Lewis
Traduzione: Franco Marano
Pagine: 99 pp
Prezzo: € 14,00
Anno: 2017
Editore: Jaca Book reprint
ISBN: 978-88-16-37154-5