In quel tempo, Gesù passò, in giorno di sabato, fra campi di grano e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere delle spighe e a mangiarle.
Vedendo ciò, i farisei gli dissero: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato».
Ma egli rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Egli entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che né a lui né ai suoi compagni era lecito mangiare, ma ai soli sacerdoti. O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio vìolano il sabato e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significhi: “Misericordia io voglio e non sacrifici”, non avreste condannato persone senza colpa. Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato». (Mt 12, 1-8)
Ogni conoscenza del Signore Gesù è incremento di conoscenza di noi stessi, in quanto siamo chiamati a divenire conformi all’immagine del Figlio di Dio (Rm 8, 29). Ciascuno di noi è un’icona di Cristo; icona ancora incompleta e ancora incrostata dal peccato, ma comunque viva. Essa anela a Gesù Cristo, anche se spesso non ne è consapevole. In questo episodio Gesù si manifesta nella sua misteriosa natura divina. Essa emerge pienamente nella “questione del sabato”. Dio che di sabato si è riposato dall’opera della creazione, in esso continua a lavorare nell’opera della conservazione: solo Dio, secondo quanto espone la tradizione rabbinica d‘Israele, può lavorare durante il giorno di sabato.
“Sì – risponde Gesù – appunto per questo io dico che il Figlio dell’uomo è signore del sabato”. Analogamente nel vangelo di Giovanni viene detto: “Il Padre mio lavora e anch’io lavoro” (Gv 5, 17). In questo modo Gesù attribuisce a sé la facoltà di operare nel giorno di sabato. Quindi si riveste delle attribuzioni divine, come colui che è della stessa natura del Padre eterno. È sempre la forza della sua divinità che gli consente di intervenire sulle creature come colui che può dare la salute e la vita; che lo rende capace di imporsi con la potenza della sua parola anche sui venti e sulle acque del mare.
Durante il sabato compie miracoli di guarigione dicendo all’uomo dalla mano inaridita: “Stendi la tua mano” (Mc 3,5), dirà anche alla fanciulla morta: “Alzati” (Mc 4, 41), e a Lazzaro morto da tre giorni: “Vieni fuori” (Gv 11, 43). Questo Dio in azione, che percorre le vie d’Israele, non riesce a nascondere per intero la ricchezza del suo essere divino, ma è anche veramente e integralmente uomo. Gesù qui appare come un pio ebreo, che prende parte alle riunioni della sinagoga e ogni sabato prende parte alla preghiera della comunità. Oltre la mera osservanza, oltrepassa le letture minimali e moraliste della legge antica, per dare il primato alla salvezza dell’uomo ed esaltare la misericordia di Dio. Si preoccupa che la giustizia sia adempiuta, ma contemporaneamente cerca la giustizia sostanziale, tramite un “buon senso autenticamente spirituale”, che sempre supera le prescrizioni legali del rito.