In attesa delle elezioni in Venezuela di domani domenica 28 luglio, pubblichiamo un intervento dell’arcivescovo di Maracaibo mons. José Luis Azuaje Ayala, arcivescovo metropolita di Maracaibo (Venezuela), presidente della Caritas dell’America Latina e dei Caraibi, primo vicepresidente del Consiglio episcopale latino-americano (Celam). Traduzione di Marinellys Tremamunno
di mons. José Luis Azuaje Ayala
L’Episcopato venezuelano ha reso pubblica la sua Esortazione Pastorale Camminare insieme con speranza lo scorso mese di luglio (leggere qui), dedicandola all’evento elettorale e alla democrazia. Vi si afferma che «la democrazia, oltre a essere un sistema politico, è principalmente una forma di vita, assumendo il popolo come sovrano, promuovendo la necessaria separazione dei poteri e una sana alternanza» (n. 4).
In questa concezione si esplicita ciò che è in gioco in queste elezioni: la riattivazione di un sistema politico che, in quanto tale, ha molti componenti che devono integrarsi affinché funzioni istituzionalmente, tra cui la separazione dei poteri come fattore di controllo e complementarità. Quando uno di questi poteri prevale sugli altri, come sta accadendo da tempo, si produce un’anomalia e, di conseguenza, un indebolimento della democrazia. Ma è anche necessaria l’alternanza che impedisce di rimanere eternamente al potere; per questo si parla di una “sana” alternanza, dove i valori democratici prevalgano.
In queste elezioni è importante far presente ciò che abbiamo vissuto negli ultimi anni: tante sofferenze, disaccordi, violenza e la massiccia migrazione di persone care. Se è successo questo è perché qualcosa non ha funzionato, poiché la democrazia «è principalmente una forma di vita, di comprensione, di opportunità di sviluppo, di costruzione del bene comune, assumendo il popolo come sovrano» (n. 4), come cittadini, con diritti e doveri, e dignità inviolabile. La democrazia ha meccanismi per generare la cultura dell’incontro, la fraternità e l’amicizia sociale, assumendo la politica come la forma più alta della carità (Fratelli tutti).
Solo come cittadini possiamo comprenderci, dialogare, discernere, ascoltarci reciprocamente, prendere decisioni insieme e non per imposizioni. Il popolo deve riprendere la sua forza decisionale per migliorare ciò che costituisce uno dei fondamenti di una democrazia: la convivenza pacifica nel rispetto delle differenze con il valore dell’inclusione, senza escludere né fisicamente né verbalmente l’altro. Tutti siamo necessari nelle nostre differenze.
Di fronte a questa realtà, noi vescovi venezuelani abbiamo proposto l’urgenza di «recuperare la vocazione cittadina. L’esercizio dei diritti politici da parte di ogni cittadino è fondamentale per vincere l’inerzia politica alla quale ci hanno condotto anni di disaccordo e scontri sterili e negativi» (n. 5). Il popolo non è gregge o schiavo, mentre è libertà in esercizio, la forza fondamentale per il cambiamento. Per questo è necessaria una partecipazione decisa, massiccia e libera all’evento elettorale, in modo consapevole e responsabile, perché così si costruiscono un futuro e una speranza dove il popolo è il protagonista di un fatto nuovo.
Devono ormai rimanere indietro, nella storia, coloro che manifestavano dicendo che “niente si può fare”, “niente cambierà”: la realtà del Paese sta dicendo un’altra cosa.
In queste elezioni si dimostrerà la forza di un popolo venezuelano che ha lottato e sofferto e ha saputo sostenere grandi ideali, che aprono opportunità per lo sviluppo umano integrale, «dove il centro sia la persona umana con la sua inviolabile dignità» (n. 8). Accanto a questo giocherà un ruolo determinante il fenomeno migratorio, con oltre sette milioni di venezuelani che hanno dovuto lasciare il paese in cerca di migliori condizioni di vita; loro saranno nella mente e nel cuore degli elettori con il grande desiderio di tornare a casa per essere di nuovo insieme e costruire una storia familiare di lotta e affetto.
In questa esperienza democratica, la proposta che emerge è quella di “camminare insieme”, pieni di speranza, sapendo che il futuro è nelle mani del popolo, che possiede gli strumenti per superare tutto ciò che «ci ha diviso, aprendoci alla convivenza pacifica attraverso il dialogo e la comprensione così necessari per lo sviluppo integrale e la fraternità sociale, evitando ogni tipo di ritorsione e violenza» (n. 14).
Abbiamo la speranza che «il giorno 28 luglio debba essere un giorno di festa democratica», con la partecipazione di tutto il popolo che cammina insieme verso i seggi elettorali, accompagnati dalla forza spirituale del Signore Risorto e dalla protezione materna della Vergine Maria, invocata con i titoli che le vengono attribuiti in ogni regione.
Sabato, 27 luglio 2024