Di Marianna Mancini da Il Mondo del 02/08/2024
Uno spontaneo cacerolazo dai balconi, come un’orchestra di campane che suonano a morto, annuncia il presagio. Poi, in poche ore le piazze si riempiono, spontanee, di bandiere e cittadini delusi, stanchi, arrabbiati. Così Caracas affronta la resa dei conti con Nicolás Maduro, quella definitiva dopo le ennesime contestatissime elezioni in Venezuela. Ancora una volta, hanno vinto tutti e il Paese si ritrova con due presidenti: il primo rivendica una legittima elezione, il secondo preferisce la scorciatoia e si autoproclama direttamente.[In copertina, una statua di Chavez decapitata dalle proteste dopo l’annuncio della vittoria di Maduro]Nonostante l’appello dell’opposizione ad una transizione pacifica, il popolo non tollererà più nessuna ambiguità, a costo della vita, quella che hanno già perso 17 manifestanti, senza contare la vita (e le proprietà!) rubata agli 8 milioni di venezuelani in esilio nel mondo. È così che anche le statue di Hugo Chávez vengono giù, almeno 7 in pochi giorni, abbattute a martellate, una per ognuno dei 25 anni in cui il Partito Socialista Unito del Venezuela ha governato. Cannoni ad acqua, lacrimogeni e proiettili di gomma non bastano più, e annunciare un risultato ufficiale quando il 20% dei voti devono ancora essere scrutinati è troppo persino per una “democratura” come quella madurista.