Dopo gli avvincenti L’Esecuzione della giustizia (D’Ettoris, 2017) e Il cardo e la spada (Ares, 2021), l’anglista Elisabetta Sala – autrice di saggi storici e letterari nonché docente di storia e letteratura inglese – torna alla narrativa con Figli di ieri, un romanzo di formazione il cui protagonista, Costantino detto “Tino”, nativo della Valcamonica, vive la sua adolescenza a Milano negli anni della Contestazione, facendo tra l’altro esperienza dei collettivi studenteschi. Come le prime due incursioni dell’autrice nel genere narrativo, anche Figli di ieri è un romanzo storico, sia pure sui generis, giacché i lettori anagraficamente più “maturi” potranno verificare la plausibilità della psicologia dei personaggi e del contesto raccontato semplicemente interpellando la propria memoria e le proprie esperienze di vita.
Non è facile ricondurre a unità un fenomeno socio-politico composito come il Sessantotto italiano. In termini di efficacia, si sono distinti in passato i saggi di Emanuele Samek Lodovici (1942-1981) e di Enzo Peserico (1959-2008); il romanzo di Elisabetta Sala va nella stessa direzione: dalle parabole esistenziali di Tino, dei suoi amici e dei suoi docenti emerge il Sessantotto nella sua natura di Rivoluzione culturale che, al di qua delle alpi in particolare, si inverò lungo due tendenze di fondo. La prima, agente in interiore homine, rivendicava l’emancipazione della moralità individuale da ogni vincolo e da ogni freno e, quindi, il diritto di soddisfare tutte le passioni e tutti i desideri. La seconda tendenza si manifestò nella rivoluzione politica: l’ansia diffusa fra i giovani di allora di “salvare il mondo” – che per gli adolescenti fin troppo intimisti del secolo XXI si traduce tutt’al più in “eco-ansie” – venne incanalata verso la lotta politica anche violenta (il più spesso delle volte in una prospettiva marxista-leninista) e il terrorismo.
Non intendo anticipare ulteriori dettagli della trama; mi limiterò a sottolineare tre spunti particolarmente intriganti.
In più di un’occasione – ma mai in modo didascalico – il romanzo lambisce il tema del cedimento di una parte del mondo cattolico allo Zeitgeist di quel momento storico. Penso, per esempio, al patetico tentativo di captatio benevolentiae messo in atto dinanzi a una classe di liceali a-religiosi dall’untuoso don Filippo, prete “operaio” bardato di sciarpa rossa, che magnifica la riforma liturgica e critica l’enciclica Humanae Vitae.
Il secondo spunto riguarda il legame che Tino conserva con Monno, comune montano in provincia di Brescia dove è nato e ha trascorso la sua infanzia. Sebbene anche il suo luogo natale si riveli tragicamente esposto ai liquami della modernità, quel legame – per quanto idealizzato – gli fornirà un qualche anticorpo contro il processo di avvizzimento spirituale e di disumanizzazione che l’adesione alle ideologie sessantottine e al loro utopismo talora innescava.
Infine, quando negli ultimi capitoli l’intreccio si arricchisce di tinte noir, una lampada che arde silenziosa evoca l’azione ineffabile e misteriosa del Protagonista della Storia grazie al quale, quando tutto sembra perduto, anche il bene più improbabile torna plausibile.
Romanzo per tutti. Lettura utile a ricostruire il giro mentale dei giovani che hanno vissuto il Sessantotto in Italia.
Categoria: Romanzo
Autore: Elisabetta Sala
Pagine: 312 pp
Prezzo: € 20,00
Anno: 2024
Editore: Ares
Città: Milano
EAN: 9788892984561