La gloria celeste e terrestre di san Giovanni Battista nella grande pala di Giovanni del Biondo
di Michele Brambilla
Nei corridoi degli Uffizi di Firenze ci si può imbattere nella grande pala (un pannello ligneo dorato e dipinto, come si usava allora per i polittici d’altare) realizzata attorno al 1370 da Giovanni del Biondo (attivo negli anni 1356-1398) e raffigurante il patrono principale della città, nonché il protagonista di molti Vangeli del tempo di Avvento: san Giovanni Battista.
Il santo, in effetti, giganteggia al centro della composizione. Lo vediamo già nella gloria del Paradiso, con sguardo frontale, ieratico, e rotolo con la scritta Ego vox clamantis in deserto (Mt 3,3). A rafforzare l’identificazione del personaggio con il san Giovanni “post mortem” ci sono segni evidenti di trionfo, come il mantello rosso dei martiri, posto sopra l’evangelico abito di peli di cammello, la croce dorata, che identificava nell’epoca paleocristiana i vincitori in Cristo, ma soprattutto la presenza, sotto i suoi piedi, di re Erode Antipa, il suo aguzzino, che tiene in mano anche lui un cartiglio latino assai significativo, dato che riporta le parole di Sap 5,4-5: «Questi è colui che noi una volta abbiamo deriso e, stolti, abbiamo preso a bersaglio del nostro scherno; abbiamo considerato una pazzia la sua vita e la sua morte disonorevole. Come mai è stato annoverato tra i figli di Dio e la sua eredità è ora tra i santi?». Erode, insomma, come il ricco Epulone, che dagl’inferi si stupisce dell’accoglienza del mendicante Lazzaro nel seno di Abramo (Lc 16,19-31).
Attorno al riquadro centrale abbiamo 11 pannelli che raffigurano gli episodi della vita di san Giovanni Battista, tratti tutti dai Vangeli canonici, anche se con alcune “licenze poetiche”. Mostra infatti Giovanni che si ritira a pregare nel deserto ancora bambino, mentre come episodio conclusivo pone la Discesa di Gesù al limbo, in cui il primo a essere tratto in Paradiso, assieme ad Adamo ed Eva, è proprio il Precursore.
Dal punto di vista “tecnico”, Giovanni del Biondo pare portare avanti, nel cuore del Trecento, gli stilemi di Duccio da Buoninsegna (1255-1318) e altri ancora più antichi. Si osservino attentamente, a titolo d’esempio, il Battesimo di Cristo, che essenzializza la tradizionale iconografia orientale, o la foggia degli abiti, che per i personaggi minori sono spesso quelli domestici dei secoli XIII-XIV. Il pittore si prefigge anche di essere sempre intelligibile: a parte il pannello centrale, con i suoi colti elementi simbolici (talvolta perfino arcaici, se si pensa all’uso della croce dorata al posto della più comune palma del martirio) e le lunghe citazioni bibliche, gli altri sviluppano un unico concetto facilmente riconoscibile. Emerge allo stesso tempo la lezione giottesca nel modo di dipingere gli edifici, sia negli esterni che negli interni: in questo caso, il pannello di riferimento è quello dell’Annunciazione dell’angelo a Zaccaria, dato che l’ambiente del Sancta Sanctorum a Gerusalemme è reso con una volta gotica perfettamente prospettica, ma l’altare è spostato verso destra con la tecnica vetusta dell’assonometria.
L’enfasi sugli episodi e sui simboli del martirio, assieme ai connotati visibilmente cristologici del volto di san Giovanni, puntano a sottolineare il titolo di Precursore del Signore che la tradizione attribuisce da sempre al Battista. Giovanni preannunciò Gesù non solo con le parole, ma anche con la vita, scontrandosi per primo con coloro che prenderanno di mira Cristo stesso.
Sabato, 14 dicembre 2024