Lo stipendio dei politici, il presidente argentino contro l’aborto, la Turchia guadagna terreno in Africa
di Luca Bucca
– Qualche considerazione a margine dell’emendamento presentato (e ritirato) alla legge di bilancio, che mirava a equiparare lo stipendio di ministri e sottosegretari non eletti in parlamento a quello dei colleghi che sono anche parlamentari. Lasciamo da parte le questioni di opportunità ed evitiamo di fare dei “conti in tasca” utili solo a generare invidia sociale. Un lavoro, se fatto bene, va sempre pagato adeguatamente. Certo “pauperismo” politico ha il sapore della demagogia e lascia davvero il tempo che trova. Il rischio di una politica “povera” o “frugale” è che non sia una politica migliore, ma semplicemente meno libera da influenze esterne.
– «Io sono contro ogni tipo di aborto. Mi pare che l’aborto sia un assassinio aggravato dal rapporto. Gliela dico in questi termini. Le piacerebbe conoscere Buenos Aires? Quando torno, la invito sul mio aereo. Che cosa succede mentre noi parliamo sul mio aereo? Io cambio idea e non voglio più che lei venga sul mio aereo. L’aereo è mio e di conseguenza io apro il portellone e le dico: ‘Si butti di sotto’. Come lo chiama tutto ciò? È un assassinio»: questa la dichiarazione del presidente argentino Javier Milei, durante l’intervista trasmessa dal programma Quarta Repubblica il 16 dicembre. Si era espresso in termini simili già altre volte in passato e la posizione, ne va dato atto, è certamente coraggiosa e per nulla politicamente corretta. Tra l’altro il dibattito sul tema in Argentina è certamente più vivo che in Italia, dal momento che la legge che ha ampliato la possibilità di aborto è stata approvata recentemente (a dicembre del 2020) e ha incontrato l’opposizione di una parte significativa della società civile.
– Già altre volte in questa rubrica abbiamo riferito della marginalizzazione di quasi tutti gli attori internazionali occidentali in Africa e della conseguente amplificazione dell’influenza di Cina e Russia. A questi due Paesi si aggiunge da qualche tempo anche la Turchia, che dopo avere assunto il ruolo di “superpotenza” regionale in Medio Oriente, con un contributo di prim’ordine agli ultimi avvenimenti siriani, adesso batte un colpo significativo anche nel “Continente Nero”, dove già da tempo tesseva rapporti diplomatici attraverso la partecipazione a piani di sviluppo e di cooperazione militare. È di questi giorni la notizia della mediazione del governo turco tra Etiopia e Somalia, che ha scongiurato, almeno per il momento, lo scoppio di una nuova guerra tra i due stati per i territori contesi del Somaliland (sul Mar Rosso), area di interesse anche per Israele come base di appoggio per contrastare gli attacchi degli Houthi yemeniti. Al di là del fatto in sé, comunque positivo nella misura in cui serve a evitare un nuovo conflitto, rimane ad ogni modo il problema dell’incapacità soprattutto europea di avere un ruolo attivo in Africa, continente che per prossimità diventa pericoloso lasciare sotto il controllo di stati e governi potenzialmente ostili.
Mercoledì, 18 dicembre 2024