Il martirio di questo santo e dei suoi compagni ci è raccontato in una Passio scritta, a metà del V secolo, da Eucherio [380-450], vescovo di Lione. Essi appartenevano ad una legione, chiamata Tebea e composta da soldati orientali, in gran parte cristianizzati. La legione fu trasferita in Gallia da Massimiano per perseguitare i cristiani o, secondo la versione di un testo del IX secolo, per reprimere certe rivolte. Giunti ad Agaunum (l’odierna St. Maurice, nel Vallese), secondo la prima versione, i soldati si sarebbero rifiutati di proseguire il viaggio per compiere una missione contro i loro fratelli nella fede; secondo il testo più tardo essi si sarebbero rifiutati di prestare sacrificio agli dei. Comunque sia, furono tutti condannati alla pena capitale, dopo successive decimazioni. I moderni studiosi di agiografia confermano la veridicità nella sostanza dell’episodio, anche se su qualche particolare pensano che occorra apportare delle correzioni: si è oggi inclini a credere, per esempio, che si trattasse più probabilmente di una coorte che non di una legione, la quale comunque contava allora soltanto mille uomini e non seimilaseicento (numero dei martiri indicati da Eucherio). Il fatto viene collocato nel 286; ed è ampiamente testimoniato che il culto di san Maurizio era già ampiamente diffuso in tutta la Gallia all’inizio del V secolo. Nella basilica di San Pietro di Roma – quella medievale poi distrutta per far luogo all’odierna basilica rinascimentale – c’era un altare dedicato a san Maurizio presso il quale gli imperatori del Sacro Romano Impero venivano incoronati. Nel Medioevo vari ordini cavallereschi si posero sotto la protezione di questo santo militare: tra essi quello dei SS. Maurizio e Lazzaro, istituito dai duchi di Savoia, e quello spagnolo del Toson d’Oro. È patrono dei tintori, perché spesso rappresentato, nella tradizione popolare, come un bianco dalla pelle tinta
Cammei di santità. Tra memoria e attesa, di Marco Tangheroni
Pacini, Pisa 2005, pp. 41-42