Di Michele Brambilla
Durante la prima settimana di Quaresima tutta la Curia romana è impegnata negli Esercizi spirituali annuali. Di conseguenza Papa Francesco l’udienza pubblica del mercoledì è sospesa. Questo ci consente di ricuperare il testo dell’udienza generale mattutina del 6 marzo, tralasciata per dare spazio all’omelia della Messa del Mercoledì delle Ceneri. L’udienza del 6 marzo verteva sulla seconda richiesta del Padre nostro, «venga il tuo Regno» (Mt 6,10). Cristo è venuto appositamente per annunciare questo Regno.
«“Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo” (Mc 1,15)». Molte volte, nei secoli passati, l’annuncio del Regno è stato spesso confuso con i moniti riguardanti il Giudizio di Dio sui popoli della Terra alla fine dei tempi. Lo stesso san Giovanni Battista invitava i suoi discepoli a vigilare perché «già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco» (Mt 3,10), senza scampo.
Il Papa però puntualizza che «Gesù non vuole spingere la gente a convertirsi seminando la paura del giudizio incombente di Dio o il senso di colpa per il male commesso». Dio ha infatti profondo rispetto della libertà dell’uomo: non vuole che scelga il bene solamente perché altrimenti verrebbe punito. «Al contrario», spiega il Pontefice, «quella che Lui porta è la Buona Notizia della salvezza, e a partire da essa chiama a convertirsi. Ognuno è invitato a credere nel “vangelo”», che etimologicamente vuole dire proprio “buona notizia”: «la signoria di Dio si è fatta vicina ai suoi figli» nella persona stessa di Gesù, che regna con lo “stile” della misericordia, che non schiaccia ma abbraccia l’uomo.
Pertanto, sfatando con queste parole un certo escatologismo tragico e disperato, Francesco osserva che «i segni della venuta di questo Regno sono molteplici e tutti positivi. Gesù inizia il suo ministero prendendosi cura degli ammalati, sia nel corpo che nello spirito, di coloro che vivevano una esclusione sociale – per esempio i lebbrosi –, dei peccatori guardati con disprezzo da tutti, anche da coloro che erano più peccatori di loro ma facevano finta di essere giusti». I discepoli di Gesù non devono essere da meno nel mostrare la misericordia di Dio: «“Venga il tuo Regno!”. Seminiamo questa parola in mezzo ai nostri peccati e ai nostri fallimenti. Regaliamola alle persone sconfitte e piegate dalla vita, a chi ha assaporato più odio che amore, a chi ha vissuto giorni inutili senza mai capire il perché. Doniamola a coloro che hanno lottato per la giustizia, a tutti i martiri della storia, a chi ha concluso di aver combattuto per niente e che in questo mondo domina sempre il male».
Proprio perché l’esistenza terrena non è sempre “rosa e fiori” «a volte ci domandiamo: come mai questo Regno si realizza così lentamente?». Il giusto spesso freme d’impazienza, ma Gesù con la parabola del grano e della zizzania (cfr. Mt 13,24-30) spiega che è illusorio pensare che basti distruggere il malvagio per eliminare la malvagità. Il male lo si può vincere solo se si accetta una logica completamente diversa dalla sua: «non è con la violenza che si instaura il Regno nel mondo: il suo stile di propagazione è la mitezza», come ha fatto lo stesso Gesù, che si è paragonato ad un chicco di grano (Gv 12,24), seminato nella terra del sepolcro, ma poi risorto fino a portare molto frutto. Detto con altre parole, non serve una rivoluzione di segno contrario, ma il contrario della Rivoluzione.
Giovedì, 14 marzo 2019