Annunciazione, Incarnazione e Natività sono gli eventi che segnano l’ingresso del Verbo eterno nella storia umana. Fin dai primi secoli il popolo cristiano ha celebrato e rappresentato la Santa Vergine come la Madre del Salvatore, il luogo carnale e spirituale dove il Figlio di Dio si è unito alla natura umana.
di Mario Vitali
Il ritratto più antico della Madonna e della Natività è un dipinto realizzato su una volta di un cubicolo nelle catacombe di Priscilla in Roma, realizzato nella prima metà del III° secolo (fra il 230 e il 240) e che ritrae una donna, Maria, seduta come su un trono a indicare la dignità di Madre del Signore, indossa una stola sopra una tunica e un velo sulla testa reclinata come a proteggere il Bambino che tiene fra le braccia e che offre alla contemplazione dell’osservatore. Il Bambino è nudo ed è ritratto in posizione frontale rispetto alla Madre che lo sta allattando e che volge il suo sguardo verso chi lo osserva.
Accanto a Lei è rappresentata una figura che, con il gesto della mano, indica una stella, con ogni probabilità si tratta di un profeta che annuncia l’arrivo in Israele di un Re Messia che giungerà alla fine dei tempi, forse è il profeta Balaam indicato nel Libro dei Numeri 24,15-17: “Io lo vedo, ma non adesso, io lo contemplo, ma non da vicino: una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele”. Sarà Lui la stella che illuminerà i popoli.
Nella mano sinistra il profeta tiene uno scettro, è il segno dell’autorità del Salvatore sul suo popolo.
E’ il primo punto di incontro nell’arte tra antico e nuovo testamento dove il punto di congiunzione è proprio il Bambino.
Questa rappresentazione non si contenta di mostrare il Bambino con sua Madre, ma si preoccupa anche di offrire a chi guarda un messaggio teologico che lo aiuti a contemplare il mistero della Natività di Cristo.
All’interno delle stesse catacombe, nella “Cappella greca”, così chiamata per le numerose iscrizioni in lingua greca, nella sommità del soffitto è rappresentata l’Annunciazione.
Questo dipinto presenta la Madonna in trono, come una regina, mentre colloquia con un personaggio, un angelo privo di ali, caratteristica delle prime rappresentazioni angeliche nelle opere d’arte del cristianesimo dei primi secoli.
Verso la fine del IV secolo, con l’affermazione del Cristianesimo, resta viva la tematica natalizia spesso proposta su lapidi e monumenti funerari, fra questi va menzionato il sepolcro di Stilicone, allocato nella basilica di S. Ambrogio a Milano, scolpito sul timpano in marmo bianco è rappresentato un Bambino fasciato, come fasciati lo erano i bambini appena nati, e come lo era Gesù dopo la nascita e anche quando fu deposto nel sepolcro, ha il volto rivolto verso l’osservatore, un volto adulto adagiato su una culla che ha la forma di un sarcofago, a significare l’inizio della vita che ha anche la postura della morte. Ai lati del Bambino il bue e l’asino, spesso interpretati rispettivamente come simboli dei Gentili e di Israele, quindi simboli di tutto il genere umano e, al loro fianco, due uccelli che mangiano un grappolo d’uva.
Una rappresentazione della Natività molto distante da quelle a cui siamo abituati che sono ricche di personaggi, paesaggi, colori e di molti altri particolari. Le prime messe in scena della Natività sono semplici ed essenziali osservando le quali si possono cogliere le conseguenze del nascere di quel Bambino che è nato per sacrificarsi e morire per tutti.
Lo schema iconografico si propone di comunicare tramite le immagini. Non si tratta di una rappresentazione “realistica”, le immagini hanno una funzione teologica, sono il veicolo di una riflessione più profonda ed è una capacità di lettura ormai in gran parte perduta.
Sabato, 13 settembre 2025



