In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera». (Lc 12, 49-53)
La nostra vita è spesso una grande ambiguità. Tante volte non capiamo cosa veramente ci serve e cosa è dannoso. Tante volte abbiamo dato fiducia a cose inutili che non dovevamo lasciare entrare nella nostra vita e scartato ciò che era buono. Tutto ciò serve perché usciamo dall’ambiguità. C’è questa frase terribile: “Pensate che io sia qui a portare pace sulla terra? No. Io vi dico, ma divisione”. Giovanni evangelista dirà: vi lascio la pace, vi do la mia pace ma non come la dà il mondo. La nostra pace è molto diversa da quella di Cristo. Entrare nella dimensione dei figli di Dio, vuol anche dire assumere un’inquietudine. Nella vita spirituale bisogna considerare che l’inquietudine non è per nulla negativa. Molte volte ci è toccato di ascoltare persone che generalizzano troppo il seguente argomento: “Se stai in pace vuol dire che è sicuramente volontà di Dio”. Ma.. ciò non è certo! vedi S. Ignazio e il suo discernimento. Proprio l’inquietudine sarà l’opera dello Spirito Santo nel cuore della persona per distoglierla dal male. Molto spesso è stata proprio l’inquietudine a portarci a Cristo. Abbiamo accolto tante persone in cui è stata l’inquietudine il sentiero che li ha riportarli alla chiesa, alla fede, alla gioia dei sacramenti. L’inquietudine non va guardata assolutamente con aprioristico sospetto. C’è un’inquietudine infelice e infeconda e un’altra molto molto utile e gravida di cose buone e di cambiamenti.
Gesù parla di un altro argomento, cioè di portare divisione anche in seno alla famiglia. Abbiamo a che fare con un’epoca, il primo secolo dopo Cristo che avvia i secoli dei martiri, in cui per essere cristiani spesso si doveva rompere per intero con i propri famigliari. Noi abbiamo però ricevuto la fede dai genitori ed è la cosa migliore. La fede col latte materno. Ma ciò non toglie che spesso si riaffaccia una situazione in cui per fede devi opporti anche ai tuoi cari, che ti lasciano anche solo e devi rompere con le paternità umane. Un cristiano non sarà sempre applaudito. Anche dentro gli ambienti ecclesiastici, c’è chi ti vorrebbe meno schierato, delineato e allora siamo chiamati a sperimentare una divisione. Spesso ricreiamo delle affettività poco nitide, secondo gentilezze che non sono verità e stili troppo gradevoli e poco veri; più disposti a convivere con una cattiva coscienza che con una cattiva reputazione o una reputazione poco condivisa. Siamo chiamati ad entrare in questa divisione prima di tutto con noi stessi, ad entrare nelle nostre contraddizioni e metterci in discussione. Non essere sempre d’accordo con noi stessi. Non è vero che chi segue Gesù è sempre perfettamente pacifico. No! E’ in un travaglio che vuol dire combattimento, ma che porta ad un parto, cioè a una creatura che nasce continuamente e che si libera delle sue paternità carnali e terrene e con i debiti contratti con questo mondo verso cui non dobbiamo essere leali. Il peccato si tronca appena ne sei cosciente, interrompi. Prima smetti meglio è. Viviamo tante piccole divisioni. Il male non si fa bene. Si fa bene solo il bene. Non restare un animale da salotto o un bel soprammobile che piace a tutti ma non ha nulla di vero e santo.
