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Il pensiero del giorno

17 Novembre 2025 - Autore: Don Giuseppe Zanghì

Mentre si avvicinava a Gerico, un cieco era seduto lungo la strada a mendicare. Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. Gli annunciarono: “Passa Gesù, il Nazareno!”. Allora gridò dicendo: “Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!”. Quelli che camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse; ma egli gridava ancora più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!”. Gesù allora si fermò e ordinò che lo conducessero da lui. Quando fu vicino, gli domandò: “Che cosa vuoi che io faccia per te?”. Egli rispose: “Signore, che io veda di nuovo!”. E Gesù gli disse: “Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato”. Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo glorificando Dio. E tutto il popolo, vedendo, diede lode a Dio (Lc 18, 35-43).


In cammino verso Gerusalemme Gesù, attraversando la città di Gerico e prima di avanzare verso la città santa cui era diretto, ridona la vista a chi gliela richiede con la viva insistenza e fiducia della fede in lui riconoscendolo come il Messia che proprio per essa gli fa il dono della vista e della salvezza personale. Tale fede, in questo caso, ridona non solo la luce agli occhi di chi l’ha perduta e desidera vedere nuovamente, ma gli suscita la spontaneità della glorificazione di Dio con la lode e la sequela comunitaria. Come ha fatto notare Benedetto XVI, nella vicenda del cieco che recupera la vista al passaggio di Gesù in cammino sulla strada di Gerico verso Gerusalemme, la città della sua prossima passione, morte e risurrezione, risaltano alcuni elementi importanti per l’esperienza della fede anche ai nostri giorni.

Il Salvatore Gesù continua anche ai nostri giorni a camminare per le vie del mondo per illuminare con la sua persona, la sua parola e la sua vita, l’umanità immersa in vari modi ancora nel buio della chiusura in sé stessa, senza speranza nel mondo, vittima della vecchia mentalità pagana della salvezza con i mezzi semplicemente umani, logicamente e puntualmente deludenti. Perciò, dal cieco credente che chiede pietà al Salvatore e ricupera la vista, uomini e donne di oggi spesso senza fede, angustiati, scoraggiati e depressi, possiamo imparare che la piena e liberante salvezza è sempre possibile poiché basta riconoscere umilmente e realisticamente che abbiamo bisogno urgente di tornare a scoprire e vivere il vero significato dell’esistenza con la fede in Cristo Signore. Con la preghiera umile e fiduciosa, con e nella Chiesa orante e operante nelle sue varie comunità sparse nel mondo, riceviamo il dono dell’amore stesso di Cristo unico Salvatore. Ed è così che si ritrova la gioia e la consolazione di una vita non più alla deriva o in caduta libera, ma pienamente pervasa dalla consolazione di essere immersi con Gesù e Maria, con gli angeli e i santi, nella vita nuova che, dopo il necessario cammino di fede in questa valle di lacrime, raggiungerà, dopo le necessarie purificazioni, la meta dell’eterno e perfetto amore. 

È un’avventura sempre nuova ed entusiasmante. Non c’è spazio per i compromessi con l’uomo vecchio poiché la luce della fede nel Signore vince continuamente le tentazioni sempre in agguato dell’inganno delle false luci del mondo che giace nelle tenebre e nell’ombra di morte. Anzi gustiamo lo splendore della luce della fede continuamente vissuta e professata con umiltà e devozione. Siamo sempre più generosamente missionari impegnati nell’edificazione di un mondo migliore con la nostra testimonianza e professione di fede e cultura cristiana tipica di uomini e donne volentieri impegnati nell’instaurazione del regno di Dio iniziato con la morte e risurrezione di Cristo che ha vinto per sempre il buio della superbia, del peccato e della morte propinato dal nemico della natura umana.

SANTA ELISABETTA D’UNGHERIA, TERZIARIA FRANCESCANA

































































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