Di Michele Brambilla
«Il Vangelo di questa terza domenica di Quaresima (cfr Lc 13,1-9)», esordisce Papa Francesco alla recita dell’Angelus del 24 marzo, «ci parla della misericordia di Dio e della nostra conversione», e lo fa tramite una parabola non molto conosciuta, quella del fico sterile. Il Papa la ripercorre tutta: «un uomo ha piantato un fico nella propria vigna, e con tanta fiducia ogni estate va a cercare i suoi frutti ma non ne trova, perché quell’albero è sterile. Spinto da quella delusione ripetutasi per ben tre anni, pensa dunque di tagliare il fico, per piantarne un altro. Chiama allora il contadino che sta nella vigna e gli esprime la sua insoddisfazione, intimandogli di tagliare l’albero, così che non sfrutti inutilmente il terreno. Ma il vignaiolo chiede al padrone di avere pazienza e gli domanda una proroga di un anno, durante il quale egli stesso si preoccuperà di riservare una cura più attenta e delicata al fico, per stimolare la sua produttività».
Il fico è simbolo dell’umanità recalcitrante di fronte alla grazia divina. Ma ecco la sorpresa: «a questo atteggiamento di egoismo e di sterilità spirituale, si contrappone il grande amore del vignaiolo nei confronti del fico: fa aspettare il padrone, ha pazienza, sa aspettare, gli dedica il suo tempo e il suo lavoro. Promette al padrone di prendersi particolare cura di quell’albero infelice. E questa similitudine del vignaiolo manifesta la misericordia di Dio, che lascia a noi un tempo per la conversione».
I martiri di ogni secolo hanno dato una risposta decisamente positiva alla chiamata di Dio a santificare il proprio essere e il creato. Francesco ricorda che «ieri a Tarragona, Spagna, è stato beatificato Mariano Mullerat i Soldevila (1897-1936), padre di famiglia e medico, giovane, morì a 39 anni», martire durante la Guerra civile spagnola (1936-1939). Ma a ricordare la dimensione del martirio ci pensa la stessa data del 24 marzo, Giornata mondiale per i missionari martiri, che ogni anno commemora gli “operatori pastorali” uccisi nelle terre di missione.
Ogni anno, purtroppo, sono diverse decine i nomi dei nuovi martiri che si aggiungono alla secolare schiera: «nel corso del 2018, […] sono stati uccisi quaranta missionari, quasi il doppio rispetto all’anno precedente. Ricordare questo calvario contemporaneo di fratelli e sorelle perseguitati o uccisi a motivo della loro fede in Gesù», spiega il Papa, «è un dovere di gratitudine per tutta la Chiesa, ma anche uno stimolo a testimoniare con coraggio la nostra fede e la nostra speranza in Colui che sulla Croce ha vinto per sempre l’odio e la violenza con il suo amore».
La chiamata al martirio è particolare, quella alla conversione universale. Il Pontefice non esenta nessun battezzato: «ognuno di noi deve sentirsi interpellato da questa chiamata, correggendo qualcosa nella propria vita, nel proprio modo di pensare, di agire e di vivere le relazioni con il prossimo». L’esistenza del cattolico deve essere radicalmente ancorata al Vangelo in qualsiasi luogo e in qualunque situazione si ritrovi a operare, senza scissioni tra quanto si crede e quanto si fa. Si chiama coerenza.
Lunedì, 25 marzo 2019