di Marco Invernizzi
18 pagine scritte presumibilmente con la solita matita dal Pontefice emerito hanno allietato la nostra Quaresima, anche se hanno come tema la profonda crisi che ha investito la Chiesa Cattolica a partire dagli anni 1960, in particolare dalla rivoluzione culturale del 1968.
Il testo merita di essere letto, riletto e studiato, in quanto si tratta di un’analisi profonda anche se priva di un apparato scientifico e dunque comprensibile anche dai non addetti ai lavori. Un’analisi divisa in tre parti, nella quale si ricordano le origini della crisi appunto negli anni 1960, quando si verificò una rivoluzione culturale che cambiò completamente, in 20 anni, il senso comune delle popolazioni occidentali in merito alla sessualità. Questa rivoluzione mise a dura prova la vita interna della Chiesa, nei cui seminari si costituirono club di omosessuali che contribuirono a creare un clima nel quale diventava sempre più difficile coltivare le vocazioni sacerdotali, che infatti si ridussero drasticamente di numero. In questo contesto venne messo in questione lo stesso Magistero della Chiesa, che non sarebbe stato più dotato di infallibilità in materia morale. Poi, nella seconda metà degli anni 1980 è emerso il dramma della pedofilia, purtroppo diffusa anche nella Chiesa a causa di quegli ecclesiastici che si sono lasciati coinvolgere da questo scandalo aberrante: un dramma, però, la cui causa e origine viene individuata nella fisonomia della Rivoluzione del 1968, di cui «fa parte anche il fatto che la pedofilia sia stata diagnosticata come permessa e conveniente».
Che cosa si può fare oggi per superare questa situazione, si chiede Papa Ratzinger, nella terza parte del suo scritto?
La causa principale di quanto accaduto consiste nella perdita di Dio. Una società senza Dio, afferma Benedetto XVI, perde il criterio che permette di distinguere il bene dal male e allora le cose peggiori si possono annidare in essa, come è appunto avvenuto per la pedofilia. Il rimedio, pertanto, consiste anzitutto nell’introdurre nella società le convinzioni fondamentali che si sono perdute come comunità: la convinzione che Dio esiste e che il suo amore per gli uomini è giunto fino al sacrificio supremo. Restituendo l’amore per Cristo alla vita quotidiana, allora la società ritroverà la strada perduta, e tutte le riforme e le precauzioni necessarie (fra cui ricordare che compito del diritto canonico è difendere la fede oltre che garantire le prerogative dell’accusato), porteranno gli effetti benefici che tutti si augurano: il bene non sarà più confuso con il male e diventerà così anche più facile metterlo in pratica.
Benedetto XVI è abituato a spiazzare il lettore superficiale. Alcuni hanno scritto che i suoi appunti volevano denunciare il “garantismo” di san Giovanni Paolo II (1920-2005), mentre invece il suo testo ricorda l’importanza dell’enciclica Veritatis splendor proprio di Papa Wojtyla per restituire alla teologia morale quella centralità che alcuni teologi progressisti hanno voluto toglierle, rammentando che la teologia morale non può prescindere dal fondamento giusnaturalistico e che, pertanto, ci sono atti che non possono mai essere giustificati, in nessuna circostanza, a prescindere dagli scopi dell’agire umano.
Altri riprenderanno lo schema ideologico e logoro della contrapposizione fra i due Papi, dimenticando il ringraziamento contenuto nelle parole di Papa Benedetto per quanto Papa Francesco sta facendo contro la pedofilia. In realtà Papa Ratzinger vuole portare il livello della riflessione a un livello molto più alto delle solite meschine contrapposizioni evocate da certi giornalisti: la battaglia fra il bene e il male si combatte anzitutto tra l’accogliere o il rifiutare l’amore di Cristo e nel lasciare che la vita di ognuno venga trasformata da questo stesso amore. Non si tratta pertanto, scrive il Pontefice emerito, di «creare un’altra Chiesa perché questo esperimento già è stato fatto ed è già fallito», ma dobbiamo riconoscere che «il Signore ha iniziato con noi una storia d’amore e vuole riassumere in essa l’intera creazione. L’antidoto al male che minaccia noi e il mondo intero ultimamente non può che consistere nel fatto che ci abbandoniamo a questo amore. Questo è il vero antidoto al male». E questa storia d’amore passa attraverso la Sua Chiesa, quella di oggi, non un’altra «Chiesa migliore creata da noi stessi», spiega Benedetto XVI: «La Chiesa di Dio c’è anche oggi, e proprio anche oggi essa è lo strumento con il quale Dio ci salva. È molto importante contrapporre alle menzogne e alle mezze verità del diavolo tutta la verità: sì, il peccato e il male nella Chiesa ci sono. Ma anche oggi c’è pure la Chiesa santa che è indistruttibile. Anche oggi ci sono molti uomini che umilmente credono, soffrono e amano e nei quali si mostra a noi il vero Dio, il Dio che ama. Anche oggi Dio ha i suoi testimoni (“martyres”) nel mondo. Dobbiamo solo essere vigili per vederli e ascoltarli».
La vera battaglia dunque, quella che porta la salvezza agli uomini, passa dal riconoscimento che Dio esiste, e ci vuole salvi e santi. Contro tale riconoscimento si è scatenata nel mondo contemporaneo una nuova gnosi che in ultima analisi ha la sua origine nel diavolo: «Al Dio creatore si contrappone il diavolo che scredita l’intera creazione e l’intera umanità. Egli si rivolge non solo a Dio ma soprattutto agli uomini dicendo: “Ma guardate cosa ha fatto questo Dio. Apparentemente una creazione buona. In realtà nel suo complesso è piena di miseria e di schifo”. Il denigrare la creazione in realtà è un denigrare Dio. Il diavolo vuole dimostrare che Dio stesso non è buono e vuole allontanarci da lui».
Un suggerimento conclusivo a tutti coloro che leggeranno gli “appunti” del Papa emerito è quello di non cercare spunti polemici, contrapposizioni che non ci sono, ma di “meditare” (non semplicemente leggere) soprattutto l’ultima parte, nella quale Ratzinger indica i rimedi alla situazione: rimedi che esistono, che si trovano anzitutto nell’adorazione eucaristica (che felicemente sta riprendendo in molte chiese, a partire dall’ultima enciclica di san Giovanni Paolo II Ecclesia de Eucharistia, 17 aprile 2003), nell’amore e obbedienza a Dio e alla sua Chiesa, quella che concretamente esiste oggi: la crisi, che esiste ed è profonda come tante altre nella storia della Chiesa, sarà superata con le armi di Dio, non con le nostre.
Credo che il ringraziamento migliore per queste parole sia quello di pregare per il suo autore che continua a usare la propria conoscenza per la gloria di Dio e per aiutare gli uomini, e poi di rileggere il testo una volta di più. Farà bene alla sete di verità che ognuno di noi si porta dentro.
Venerdì, 12 aprile 2019