di Marco Invernizzi
E alla fine si sono incontrati, secondo una prassi consolidata, i due pontefici, quello regnante e quello emerito, smentendo nei fatti chi vuole esasperare le differenze, pure esistenti, suscitare divisioni ed eccitare malumori divisivi, lacerando la Chiesa in fazioni che fanno solo il gioco di quanti vogliono il male della sposa di Cristo.
L’atteggiamento di molti, dopo la pubblicazione degli appunti del Papa emerito sulle cause profonde della pedofilia nella Chiesa, è oggettivamente diabolica, cioè divisiva, al di là delle intenzioni soggettive. In questi giorni si è letto e ascoltato di tutto: chi vorrebbe che Benedetto stesse zitto per non intralciare l’opera del successore, chi invece lo considera il vero e unico Papa e chi soffia sul fuoco delle diversità per contrapporre le due sensibilità diverse invece di armonizzarle, divisi, questi ultimi, fra quanti mettono in discussione mezzo secolo di storia della Chiesa Cattolica, dal Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965) in poi, salvo poi non spiegare come lo Spirito santo avrebbe a un certo punto ‒ quale? ‒ deciso di abbandonare la Chiesa, e quanti sostengono che bisogna rompere definitivamente con una tradizione che, obsoleta, impedisce alla Chiesa di operare nella modernità. Il risultato è la divisione, il rancore che aumenta, le differenze legittime che diventano contrapposizioni insanabili, l’odio che cresce.
La realtà è che il Sessantotto è veramente penetrato anche nel corpo della Chiesa, eliminando, nel cuore di molti, che si definiscano tradizionalisti o progressisti, la volontà e il dovere di riferirsi al Magistero come strumento fondamentale di orientamento. L’obbedienza, che pur deve sempre essere ragionevole, ha cessato di essere una virtù non solo per don Lorenzo Milani (1923-1967), il sacerdote “disobbediente”, ma per tanti che a destra e a manca dicono e fanno quello che credono meglio, prescindendo da ciò che la Chiesa insegna per bocca del Pontefice. E negli animi è penetrato un astio tale che affrontare il tema senza essere accusati da entrambi i fronti contrapposti di essere dei “traditori” è oramai impossibile. Questa brutta storia comincia molto prima dell’elezione di mons. Jorge Mario Bergoglio al Soglio di Pietro e non sembra avere l’intenzione di cessare presto, se l’umiltà e l’obbedienza non ritorneranno a essere lodate e praticate sul serio. Il buon senso suggerisce infatti di tenere assieme ciò che sembra diverso, di favorire sempre l’unità e non le contrapposizioni, di comprendere nel profondo che si possono anche avere legittime soluzioni diverse a questioni concrete senza per questo essere automaticamente eretici.
Naturalmente ciò non significa sottovalutare la crisi che attraversa la Chiesa: crisi certamente esistente come anche gli appunti di Papa Benedetto appunto confermano, crisi che ha una storia e un nome, crisi che inizia con la fine della cristianità e con il tentativo errato del modernismo di risolvere il problema dell’abbandono del cristianesimo da parte delle masse. Ma la giusta lotta che la Chiesa ha rivolto alla “sintesi di tutte le eresie”, il modernismo, non deve diventare, com’è invece accaduto e accade, un’“altra eresia” di segno contrario attraverso la quale qualcuno si erge a difensore della fede senza che nessuno lo abbia investito di tale ruolo, presumendo di essere lui a salvare la Chiesa.
La speranza è che tutti guardino la fotografia dei due Pontefici uno accanto all’altro, riflettano, ci preghino pure sopra e così capiscano che la Chiesa la salva solo Cristo. Se noi uomini non Gli intralciamo il lavoro con la nostra malizia.
Mercoledì, 17 aprile 2019