di Marco Invernizzi
Il Santo Padre Francesco ha autorizzato i pellegrinaggi a Medjugorje, come hanno annunciato il nunzio apostolico in Bosnia-Erzegovina Luigi Pezzuto e l’arcivescovo Henryk Hoser, visitatore apostolico a carattere speciale della Santa Sede, domenica 12 maggio durante la Messa celebrata nella parrocchia-santuario di Medjugorje. Da oltre vent’anni la Congregazione per la dottrina della fede aveva autorizzato i pellegrinaggi, ma in forma privata, mentre adesso diocesi, parrocchie, associazioni e movimenti potranno farlo ufficialmente.
La notizia, oggettivamente di grande rilevanza per il futuro dell’evangelizzazione, segue di un anno la precedente decisione sempre di Papa Francesco di stabilire Medjugorje come santuario internazionale dipendente direttamente dalla Santa Sede, con un proprio visitatore apostolico, appunto nella persona dell’arcivescovo polacco Hoser. Entrambe le iniziative sono la conseguenza del fatto che Medjugorje non è soltanto il “confessionale del mondo”, come la definì il cardinal Joachim Meisner (1933-2017), ma anche il massimo luogo di conversioni che a milioni si sono verificate dal 1981. Naturalmente, questo non comporta un riconoscimento delle apparizioni stesse, che sono tuttora in corso, ma la presa d’atto che a Medjugorje, da quasi 40 anni milioni di persone decidono di pregare, digiunare e cambiare vita perché semplicemente attratte da un mistero di fede che ha in Maria la principale protagonista.
Del resto, quand’anche le apparizioni venissero riconosciute, non obbligherebbero i fedeli, perché la Rivelazione si è conclusa con la morte dell’ultimo degli Apostoli e nulla vi può essere aggiunto. Tuttavia le rivelazioni cosiddette private aiutano i fedeli a vivere la fede nel loro tempo storico, come una specie di direzione spirituale che non vincola, ma orienta liberamente. Le stesse apparizioni di Lourdes e di Fatima, sebbene riconosciute dalla Chiesa, non obbligano nessuno.
Ma che cosa caratterizza le apparizioni di Medjugorje? Dove quelle apparizioni ci vogliono orientare?
Non sono un esperto, ci sono stato solo tre volte, la prima nel 1986 quando si poteva dormire soltanto nelle case degli abitanti e c’era ancora il regime comunista del Maresciallo Josip Broz Tito (1892-1980), poi nel 2000 e nel 2014, quando tutto era cambiato, con una presenza costante di pellegrini da tutto il mondo e un numero impressionante di alberghi e di case costruite per ospitarli. L’unica cosa che non è cambiata, credo di potere testimoniare, è lo spirito di raccoglimento e di preghiera, che è rimasto nonostante l’enorme flusso di persone.
Questo è dunque il messaggio principale: la preghiera come condizione per la salvezza degli uomini e delle nazioni, secondo l’antico detto di sant’Alfonso Maria de Liguori (1696-1787), «chi prega si salva, chi non prega si danna», ripreso da una udienza di Benedetto XVI del 1° agosto 2012. La preghiera personale e comunitaria, costante e metodica, che unitamente ai sacramenti e alla penitenza è in grado di cambiare la vita degli uomini, anche e soprattutto dei più lontani, e quindi correggere la storia dei popoli.
Per chi, come Alleanza Cattolica, desidera cambiare la società affinché essa diventi cristiana, quanto succede da decenni a Medjugorje è di importanza fondamentale, giacché da quel luogo, dai gruppi di preghiera che nascono quando i pellegrini tornano a casa, dal modello di parrocchia che viene proposto, nasce la possibilità di rievangelizzare la cultura di un popolo e quindi di potere costruire una nuova cristianità.
Martedì, 14 maggio 2019