di Michele Brambilla
«Eccoci infine arrivati alla settima domanda del “Padre nostro”: “Ma liberaci dal male (Mt6,13b)»: così Papa Francesco all’inizio dell’udienza generale del 15 maggio, che tocca l’ultima domanda del “Padre nostro”, forse la più radicale. «C’è», infatti, «un male nella nostra vita, che è una presenza inoppugnabile. I libri di storia sono il desolante catalogo di quanto la nostra esistenza in questo mondo sia stata un’avventura spesso fallimentare. C’è un male misterioso, che sicuramente non è opera di Dio ma che penetra silenzioso tra le pieghe della storia», fino a diventare, come diceva il pensatore cattolico controrivoluzionario Plinio Correa de Oliveira (1908-95), una presenza dominante nel mondo (Rivoluzione e Controrivoluzione, III,4). Un male che, come ricorda il Papa, ha un’unica origine preternaturale: l’antico serpente di Gn 3.
«L’orante non è cieco, e vede limpido davanti agli occhi questo male così ingombrante, e così in contraddizione con il mistero stesso di Dio. Lo scorge nella natura, nella storia, perfino nel suo stesso cuore. Perché non c’è nessuno in mezzo a noi che possa dire di essere esente dal male, o di non esserne almeno tentato». in fin dei conti, afferma Francesco, «tutti noi sappiamo cosa è il male; tutti noi sappiamo cosa è la tentazione; tutti noi abbiamo sperimentato sulla nostra carne la tentazione, di qualsiasi peccato. Ma è il tentatore che ci muove e ci spinge al male, dicendoci: “fa questo, pensa questo, va per quella strada”».
Pertanto, «con questa duplice supplica: “non abbandonarci” e “liberaci”, emerge una caratteristica essenziale della preghiera cristiana. Gesù insegna ai suoi amici a mettere l’invocazione del Padre davanti a tutto, anche e specialmente nei momenti in cui il maligno fa sentire la sua presenza minacciosa». La preghiera cristiana, specialmente il “Padre nostro”, ha sempre il valore di un esorcismo. «Se non ci fossero gli ultimi versetti del “Padre nostro” come potrebbero pregare i peccatori, i perseguitati, i disperati, i morenti? L’ultima petizione è proprio la petizione di noi quando saremo nel limite, sempre».
Allora questa preghiera può diventare perfino una “sinfonia”. Le voci degli uomini si uniscono per chiedere all’unico, perpetuo Vincitore il dono della pace autentica. «Il cristiano sa quanto soggiogante sia il potere del male, e nello stesso tempo fa esperienza di quanto Gesù, che mai ha ceduto alle sue lusinghe, sia dalla nostra parte e venga in nostro aiuto». Lo stesso Gesù ha invocato il Padre nell’ora dell’angoscia, ed è stato esaudito con il più grande trionfo che si poteva riportare sul male e sulla morte, quello pasquale. «Dal perdono di Gesù sulla croce scaturisce la pace, la vera pace viene dalla croce: è dono del Risorto, un dono che ci dà Gesù. Pensate che il primo saluto di Gesù risorto è “pace a voi”, pace alle vostre anime, ai vostri cuori, alle vostre vite».
Giovedì, 16 maggio 2019