« “Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli » (Gv 15,1-8).
La seconda parte del discorso di addio (15,1-16,4a) riguarda la Chiesa. Gesù insegna che i suoi discepoli comunicano con lui e con il Padre e quindi partecipano già fin d’ora a quella vita eterna che Lui da sempre vive nell’Amore del Padre. Questa partecipazione alla comunione divina costituisce l’intima realtà spirituale della Chiesa. La vite raffigura concretamente questa realtà presente della Chiesa: « Cristo è la vera Vite, che dà vita e fecondità ai tralci, cioè a noi, che per mezzo della Chiesa rimaniamo in lui e senza di lui nulla possiamo fare [cfr. Gv 15,1-5] » (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 755).
Tutto questo ci aiuta a comprendere quanto sia grave staccarsi (fare “scisma”) dalla Chiesa. Vuol dire diventare un tralcio staccato dalla vite, completamente inutile: il legno di vite non serve neppure per far fuoco e scaldarsi e se è bruciato è solo per disfarsene.
Fa male sentire dei cattolici che minacciano di far scisma perché non sono d’accordo su questo o su quello; sembra che parlino di una bazzecola, mentre è una cosa ben più grave di quello che – a parole – vorrebbero fuggire.
Il Santo del giorno: Santa Rita da Cascia, vedova e religiosa