Nella prospettiva del regno di Maria
«Non prævalebunt»!
Nel messaggio della Madonna a Fatima si parla, prima del trionfo finale del Cuore Immacolato di Maria – cioè prima del regno di Maria, prima di un provvidenziale ritorno del mondo alla Chiesa, alla sua verità e, quindi, alla pace cristiana -, di sofferenze straordinarie del romano Pontefice. L’attentato alla vita di Giovanni Paolo II, consumato il 13 maggio, richiama il messaggio mariano e invita alla conversione e alla lotta per collaborare alla costruzione del «mondo del bene». Ma lo stesso attentato richiama anche la presenza di quelle «forze del male» che da tanti secoli operano contro la Chiesa e contro la figura del suo Capo terreno, fatto oggetto di odio, a volte di disprezzo, altre volte di dileggio. Un avvenimento doloroso, dal quale però il cattolico militante può e deve saper ricavare nuova energia in «questa lotta […] incessante» che «nel nostro tempo […] sembra essere più grande che mai».
«[…] il mondo del bene. Solo l’amore costruisce un tale mondo. Esso lo costruisce con fatica. E deve lottare per dargli forma: deve lottare contro le forze del male, del peccato, dell’odio, contro la concupiscenza della carne, contro la concupiscenza degli occhi e contro la superbia della vita (cfr. Gv. 2, 16).
«Questa lotta è incessante. Essa è vecchia quanto la storia dell’uomo. Nel nostro tempo, questa lotta per dare forma al nostro mondo sembra essere più grande che mai. E più di una volta ci domandiamo tremando se l’odio non avrà il sopravvento sull’amore, la guerra sulla pace, la distruzione sulla costruzione» (1).
Queste parole del Santo Padre Giovanni Paolo II hanno sfiorato la puntualità della profezia il 13 maggio, nel 64º anniversario delle apparizioni della Madonna a Fatima, quando qualcuno ha attentato alla vita del Sommo Pontefice, in piazza San Pietro, a Roma.
Felicemente, il nefando proposito non è stato coronato da successo, ma il fatto rimane, in tutta la sua straordinaria gravità e in tutta la sua simbolica significanza.
Ormai quasi settecento anni separano quanto è appena accaduto dallo storico oltraggio di Anagni. A questo avvenimento si lega solitamente l’esordio del cosiddetto «mondo moderno» o «civiltà moderna», caratterizzata dalla ribellione alla Chiesa e alla legge di cui la Chiesa è custode per divina disposizione, nonché dalla pretesa di totale autonomia del naturale dal soprannaturale, dell’umano dal divino.
Ebbene, questi settecento anni non bastano a separare realmente il fatto remoto da quello tragicamente recente, che appare sempre più – oltre ogni banalizzazione e ogni tentativo di ridurne la portata – come la espressione emblematica, provvidenzialmente fallita, di portare a diabolica perfezione la ricordata «civiltà moderna», attraverso la realizzazione di un nuovo, concreto e cruento Calvario.
Lo scampato pericolo per la persona fisica del Santo Padre non esaurisce la montata plurisecolare dell’odio, che non accenna a diminuire, in tutte le sue forme, palesi e occulte, dirette e indirette, grossolane e sottili. Sì che sola rimane, nella lotta incessante, la incrollabile certezza che le porte dell’inferno non prevarranno contro il mistico corpo di Nostro Signore (2), anche se si intravedono, e già si vedono, i segni di storiche, terribili sofferenze, lenite pure dalla promessa della Madonna a Fatima: «[…] il Santo Padre dovrà soffrire molto […]; infine, il mio Cuore Immacolato trionferà» (3).
Note:
(1) GIOVANNI PAOLO II, Omelia a Nôtre-Dame, del 30-5-1980, in la traccia. l’insegnamento di Giovanni Paolo II, anno I, n. 6, p. 440.
(2) Cfr. Mt. 16, 18.
(3) ANTONIO AUGUSTO BORELLI MACHADO, Le apparizioni e il messaggio di Fatima secondo i manoscritti di suor Lucia, 3ª ed. it., Cristianità, Piacenza 1980, p. 37.