di Marco Invernizzi
Ci sono discorsi dei Pontefici che non suscitano l’attenzione che meritano. Sarà per la concomitanza con altri avvenimenti ritenuti più importanti, sarà per le priorità stabilite da chi cura la comunicazione del Papa, sarà per il “politicamente corretto” di molti giornalisti che rilanciano quello che vogliono, fatto sta che, sabato 25 maggio, Papa Francesco ha pronunciato un discorso stupendo e importante su aborto e disabilità che ha avuto pochissima eco. Alleanza Cattolica lo ha ripubblicato sul proprio sito Internet, ma certamente va ripreso ancora.
Non che il Papa dica cose nuove o stupefacenti, ma proprio il fatto di ribadire la dottrina di sempre su un tema delicato e divisivo dovrebbe catturare l’attenzione; e soprattutto questo documento dovrebbe circolare all’interno del mondo cattolico, che patisce incertezze dovute da una parte a pressioni esterne e dall’altra a scarse informazione e formazione.
Naturalmente i “giornaloni” tacciono. Stupisce però di più che quei cattolici che si mostrano sempre tanto critici verso il Pontefice non riprendano (salvo qualche eccezione) questi interventi con enfasi particolare. Se fossero veramente amareggiati, approfitterebbero per sottolineare questi interventi, ma a volte si ha il sospetto che preferiscano così.
Il tema affrontato è quello della disabilità di fronte alla quale molte donne decidono di interrompere una gravidanza che potrebbe dare alla luce un bambino handicappato.
Come sappiamo, ha detto il Pontefice, «[…] il timore e l’ostilità nei confronti della disabilità inducono spesso alla scelta dell’aborto, configurandolo come pratica di “prevenzione”». È un problema della cultura dominante, che ha indotto a considerare la gravidanza come una malattia “segnata” da continui controlli medici, anche quando la futura mamma è in salute perfetta.
«Ma l’insegnamento della Chiesa su questo punto è chiaro», continua il Santo Padre: «la vita umana è sacra e inviolabile e l’utilizzo della diagnosi prenatale per finalità selettive va scoraggiato con forza, perché espressione di una disumana mentalità eugenetica, che sottrae alle famiglie la possibilità di accogliere, abbracciare e amare i loro bambini più deboli».
Ora, il problema non riguarda soltanto i cattolici, ma ogni uomo, indipendentemente dalla fede che professa.
«Delle volte noi sentiamo: “Voi cattolici non accettate l’aborto, è il problema della vostra fede”. No: è un problema pre-religioso», continua il Papa. «La fede non c’entra. Viene dopo, ma non c’entra: è un problema umano. È un problema pre-religioso. Non carichiamo sulla fede una cosa che non le compete dall’inizio. È un problema umano».
Anche qui ci si rende conto che il problema è soprattutto culturale, perché riguarda la mentalità delle persone, che non si cambia semplicemente cambiando una legge iniqua come quella in vigore dal 1978. Ci vuole lavoro culturale quotidiano e pazienza: il momento politico verrà per modificare e anche abrogare la legge 194 (che ha legalizzato l’aborto nel 1978) e mi auguro che venga presto questo momento, ma non verrà mai senza un lavoro di informazione ed educazione, che non dà visibilità ma cambia il cuore e la mente delle persone.
Negli Stati Uniti d’America molto sta avvenendo in questa direzione: diversi Stati (ultimo in ordine di tempo la Louisiana, ma anche Georgia, Kentucky, Mississipi, Ohio e Alabama) hanno approvato leggi molto restrittive sull’aborto o l’hanno vietato del tutto, ma dopo un grande sforzo culturale, cominciato negli anni 1970 e mai interrotto.
Infine il Santo Padre ha raccontato una storia. La lascio da leggere nell’originale, poiché esprime la giusta sensibilità verso la vita: una vita salvata, una persona convinta a passare alla prospettiva pro-life, sono questi i successi più importanti. Il resto verrà, se si saprà resistere allo scoraggiamento.
«A me», ha detto Francesco al termine dell’incontro , «viene in mente una storia che io ho conosciuto nella mia altra Diocesi. C’era una ragazzina di 15 anni down che è rimasta incinta e i genitori erano andati dal giudice per chiedere il permesso di abortire. Il giudice, un uomo retto sul serio, ha studiato la cosa e ha detto: “Voglio interrogare la bambina”. “Ma è down, non capisce…” “No no, che venga”. È andata la ragazzina quindicenne, si è seduta lì, ha incominciato a parlare con il giudice e lui le ha detto: “Ma tu sai cosa ti succede?” “Sì, sono malata…” “Ah, e com’è la tua malattia?” “mi hanno detto che ho dentro un animale che mi mangia lo stomaco, e per questo devono fare un intervento” “No… tu non hai un verme che ti mangia lo stomaco. Tu sai cos’hai lì? Un bambino!” E la ragazza down ha fatto: “Oh, che bello!”: così. Con questo, il giudice non ha autorizzato l’aborto. La mamma lo vuole. Sono passati gli anni. È nata una bambina. Ha studiato, è cresciuta, è diventata avvocato. Quella bambina, dal momento che ha capito la sua storia perché gliel’hanno raccontata, ogni giorno di compleanno chiamava il giudice per ringraziarlo per il dono della nascita. Le cose della vita. Il giudice è morto e adesso lei è diventata promotore di giustizia. Ma guarda che cosa bella! L’aborto non è mai la risposta che le donne e le famiglie cercano».
Giovedì, 30 maggio 2019