† Antonio de Castro Mayer, Cristianità n. 77 (1981)
Traendo spunto dalle celebrazioni anniversarie del 1º Concilio di Costantinopoli e del Concilio di Efeso, S. E. rev.ma mons. Antonio de Castro Mayer, vescovo di Campos, in Brasile, ha indirizzato ai fedeli della sua diocesi un documento intitolato Observações sobre a pureza e a integridade da Fé, che traduciamo da Catolicismo, anno XXXI, n. 366, giugno 1981. Dopo avere ricordato l’opera svolta da tali sinodi ecumenici a difesa della fede, il presule – noto in tutto il mondo per la sicurezza della dottrina e per il coraggio delle posizioni – denuncia dubbi e ambiguità, che hanno purtroppo corso in ambienti cattolici anche «ufficiali», in tema di libertà religiosa e di ecumenismo, in questo periodo post-conciliare che, proprio a causa del permanere di tali dubbi e di tali ambiguità, non accenna a finire. La riproposizione delle tesi del Magistero tradizionale della Chiesa, garanzia di conservazione della fede, «senza la quale è impossibile piacere a Dio» (2 Gv. 10).
Di fronte a dubbi e ad ambiguità post- conciliari
Osservazioni sulla purezza e sulla integrità della fede
Carissimi collaboratori e amati figli,
il Papa Giovanni Paolo II ha voluto sottolineare, con speciale solennità, la ricorrenza del XVI centenario del 1º Concilio di Costantinopoli e il 1550º anniversario del Concilio di Efeso.
Non è difficile trovare ragioni che giustifichino questa solennità speciale. I due concili hanno, nel cristianesimo, somma importanza, perché hanno garantito la purezza e la integrità della fede contro le innovazioni ereticali allora sorte. Nel primo Concilio di Costantinopoli, chiuso il 9 luglio 381, la Chiesa ha rivendicato la integrità della fede contro i macedoniani, così detti per riferimento a Macedonio, patriarca della città imperiale. Essi, seguendo le orme degli ariani, distruggevano il dogma fondamentale di tutta la Rivelazione, la Santissima Trinità, poiché negavano la divinità della Terza Persona Divina, lo Spirito Santo.
A sua volta, il Concilio di Efeso, terminato nel settembre del 431, difese questa stessa integrità della fede contro un altro patriarca di Costantinopoli, Nestorio, e i suoi seguaci. Questi negavano la divinità di Gesù Cristo, e, di conseguenza, la maternità divina di Maria santissima. Nestorio distingueva nel Salvatore due persone, la persona divina, il Figlio di Dio, e la persona umana, l’uomo Gesù Cristo. Soltanto l’uomo ci avrebbe salvato con la morte sulla croce. Comprometteva, dunque, il dogma della Redenzione che, nel caso, sarebbe opera soltanto di un uomo, e perderebbe il suo carattere di riparazione condegna e sovrabbondante, offerta a Dio per i peccati degli uomini.
In conseguenza di questa eresia, Maria santissima cesserebbe di essere la Madre di Dio, perché avrebbe concepito, nel suo seno purissimo, soltanto l’uomo Gesù. La sua intercessione passerebbe alla categoria comune della intercessione dei santi.
L’opera dei due concilî
Il primo Concilio di Costantinopoli riaffermò solennemente la verità rivelata del mistero della Santissima Trinità, definendo la divinità dello Spirito Santo; e il Concilio di Efeso insegnò, in modo categorico, definitivo, che in Gesù Cristo vi è una sola persona, la Persona del Figlio di Dio, nella quale sussistono due nature, realmente distinte: la natura divina, per la quale Gesù Cristo è vero Dio, e la natura umana, che lo fa ugualmente vero uomo. E Maria santissima, dichiara il concilio, come Madre di Gesù Cristo è diventata veramente Madre di Dio, dal momento che la relazione materna termina nella persona del figlio.
In questo modo quei due concili hanno conservato la fede cattolica integra e senza deturpazioni.
L’importanza della fede
Ora, nei rapporti con Dio, che sono i rapporti fondamentali dell’uomo, non vi è niente di più importante della purezza e della integrità della fede.
Infatti, per la fede crediamo, con certezza assoluta, verità che superano la nostra capacità intellettuale, soltanto perché Dio le ha rivelate. Con ciò rendiamo omaggio alla trascendenza ineffabile di Dio, e riconosciamo il rapporto di vassallaggio che gli dobbiamo per il fatto di essere nostro creatore e signore sovrano. L’eresia si oppone alla fede proprio perché nega questo diritto sovrano di Dio. Infatti, l’eretico rivendica per sé il giudizio relativo alle verità rivelate, respingendo quelle che gli sembrano incomprensibili, oppure contrarie a conclusioni scientifiche. In questo modo si erige a giudice del pensiero divino. Rinnova la ribellione di Lucifero, che pretendeva di farsi uguale a Dio, definendo da sé la verità e l’errore.
Da ciò l’importanza somma di conservare la fede, nella sua purezza e nella sua integrità. Infatti, come nella accettazione di ciascuna delle verità rivelate prestiamo il nostro omaggio alla somma sapienza di Dio, così, nel rifiuto di una soltanto di esse, vi è il rifiuto del nostro rapporto di vassallaggio verso il nostro Signore e Sovrano. Lo stesso si dica di una verità rivelata, il cui concetto deturpiamo colpevolmente.
La fede regge tutta la nostra vita religiosa. La rettitudine del culto che prestiamo a Dio dipende dalla purezza e dalla integrità della fede; infatti Dio, somma verità, non può essere soddisfatto da un culto che misconosce la sua parola. Dalla purezza e dalla integrità della fede dipende anche la rettitudine della nostra carità, che mai si può praticare a danno della fede. San Giovanni, l’apostolo dell’amore, non teme di affermare che non dobbiamo neppure salutare chi non accetta la dottrina di Gesù Cristo (1).
Ecco che la fede, per la quale crediamo fermamente le verità rivelate da Dio, è il fondamento indispensabile della nostra salvezza: «Senza la fede è impossibile piacere a Dio» (2).
Il post-concilio: dubbi e ambiguità
Dopo il Concilio Vaticano II hanno fatto irruzione nella Chiesa dubbi e ambiguità, incompatibili con la purezza e la integrità della fede. La testimonianza è di Paolo VI. Questi dubbi e queste ambiguità, per altro già esistenti prima del concilio, hanno dato origine a correnti di opinione che non si conformano con la fede cattolica tradizionale, e mettono a repentaglio l’autenticità del culto divino e la salvezza eterna delle anime.
Soprattutto due punti, trattati nel Concilio Vaticano II, hanno dato pretesto a posizioni dissonanti dalla verità tradizionale, rivelata: la libertà religiosa e l’ecumenismo. Punti, d’altronde, che si compenetrano, e sui quali la Chiesa ha una dottrina definita.
La libertà religiosa
Così, sulla libertà religiosa possiamo riassumere in tre punti l’insegnamento ufficiale del Magistero ecclesiastico: a. nessuno può essere costretto, con la forza, ad abbracciare la fede cattolica; b. l’errore non ha diritto né alla esistenza, né alla propaganda, né all’azione; c. questo principio non impedisce che il culto pubblico delle religioni false possa essere, eventualmente, tollerato dai poteri civili, in vista di un bene maggiore da conseguire, oppure di un male maggiore da evitare (3).
Con il principio di buon senso, che tollera la eventuale esistenza di religioni false, la dottrina della Chiesa fa fronte anche alle condizioni di fatto di una società religiosamente pluralista. Non ammette, però, né potrebbe ammettere, nell’uomo, un diritto naturale a seguire la religione di suo gradimento, prescindendo dal suo carattere di vera oppure di falsa. Accettare un tale diritto in nome, per esempio, della dignità umana, comporta una profonda inversione dell’ordine delle cose. Infatti la dignità dell’uomo, che deriva tutta da Dio, si andrebbe a sovrapporre all’obbligo fondamentale che ha questo stesso uomo rispetto a Dio: quello di rendergli culto nella vera religione.
Una seconda posizione, lesiva dei diritti divini, è implicita in questo principio: lo Stato dovrebbe essere necessariamente neutro in materia religiosa. Dovrebbe sempre dare piena libertà di professione e di propaganda a qualsiasi culto. Questo atteggiamento contraddice l’insegnamento cattolico tradizionale, dal momento che anche la società, creatura di Dio, in quanto tale ha il dovere di rendergli culto nella religione vera, e di non permettere che culti falsi possano bestemmiare il santissimo Nome del Signore (4). Non è difficile verificare che questo falsissimo principio del liberalismo corre in ambienti cattolici come dottrina ufficiale.
L’ecumenismo
In stretto rapporto con la libertà religiosa è la questione dell’ecumenismo, così come è inteso e praticato. La libertà religiosa, che abbiamo appena visto, dà all’uomo pieno diritto di seguire la sua religione, anche se falsa, e impone allo Stato il dovere di permettere ai cittadini l’uso di tale diritto. La libertà religiosa, quindi, favorisce, quando non impone, il pluralismo religioso.
Ora, accade che, in una società dilacerata da questo pluralismo, la identità di origine di tutti gli uomini, gli stessi problemi da risolvere, le stesse difficoltà da affrontare, suscitano negli individui il desiderio di cercare una unità religiosa di fondo, dal momento che la comunione nella convinzione religiosa è un mezzo eccellente per unire sforzi, per la conquista del bene comune e del pubblico vantaggio. Da ciò i movimenti che mirano a giungere alla unione delle diverse religioni, attraverso l’accettazione di principi comuni a tutte, senza pretendere la rinuncia alle caratteristiche specifiche di ciascuna, che continuerebbe a rimanere distinta dalle altre.
Un tale ecumenismo molti lo riducono alle confessioni che si dicono cristiane.
Conseguenze dell’ecumenismo
Così concepito, l’ecumenismo ha i seguenti corollari: 1. la verità è posta accanto all’errore, con uguaglianza di condizioni: 2. si accetta, come cosa naturale e normale, che la salvezza sia possibile in qualsiasi religione; 3. si allontana il proselitismo, che sarebbe un elemento di divisione e non un catalizzatore; 4. si giunge, logicamente, a consigliare ai non cattolici la fedeltà e l’infervoramento nell’errore in cui si trovano, non mancando chi equipari religioni cristiane false alla Chiesa cattolica, pensando che lo Spirito Santo, così come si serve della Chiesa, si serva anche di quelle confessioni come mezzo per avviare i loro adepti alla salvezza nel seno di Dio.
Nonostante queste conseguenze diametralmente opposte alla verità cattolica, un tale ecumenismo è accettato in ambienti cattolici. Vi sono anche tentativi di promuovere una formazione religiosa ecumenica, amministrata, in comune, agli adepti di diverse confessioni cristiane.
Sull’ecumenismo, così concepito, Pio XI ha scritto l’enciclica Mortalium animos, datata 6 gennaio 1928, nella quale lo condanna con energia (5).
Perciò, un rinnovamento della Chiesa animato dagli orientamenti sorti dopo il concilio, che qui registriamo, per seducente che sia, si oppone alla fede, è inammissibile.
Come antidoto a questa infiltrazione pericolosa e sottile che ci allontanerebbe dal cammino della salvezza, riaffermiamo continuamente la nostra credenza nell’unica Chiesa di Gesù Cristo, santa, cattolica e apostolica: «Credo in unam, sanctam, catholicam et apostolicam Ecclesiam», fuori dalla quale non vi è salvezza, «extra quam nullus omnino salvatur» (6).
Benedicendo di cuore
† Antonio, vescovo di Campos
Campos, 1º giugno 1981
Note:
(1) 2 Gv. 10.
(2) Ebr. 11, 6.
(3) Cfr. PIO XII, Discorso ai partecipanti al V Convegno Nazionale della Unione Giuristi Cattolici Italiani, del 6-12-1953, in Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, vol. XV, pp. 483-492.
(4) Cfr. LEONE XIII, Enciclica Immortale Dei, dell’1-11-1885, in La pace interna delle nazioni, insegnamenti pontifici a cura dei monaci di Solesmes, trad. it., 2ª ed., Edizioni Paoline, Roma 1962, pp. 109-140, e IDEM, Enciclica Libertas, del 20-6-1888, ibid., pp. 143-176.
(5) Cfr. PIO XI, Enciclica Mortalium animos, del 6-1-1928, in La Chiesa, insegnamenti pontifici a cura dei monaci di Solesmes, vol. I, trad. it., Edizioni Paoline, Roma 1961, pp. 634-650.
(6) CONCILIO ECUMENICO LATERANENSE IV, Costituzione De fide catholica, in Concilium Oecumenicorum Decreta, 3ª ed., Istituto per le Scienze Religiose, Bologna 1973, p. 230.