Il santo di oggi ci porta nella Gallia del VI secolo che i Franchi avevano unificato e in cui, pur in situazioni ancora drammatiche, stava ormai sorgendo, grazie al Cristianesimo, la nuova civiltà del Medioevo. Non sappiamo quasi nulla della sua vita fino a che non salì, prima del 560, alla cattedra episcopale di Autun. Ma da allora la sua straordinaria attività ci è nota. In campo religioso fu attaccatissimo all’ortodossia cattolica, esempio di grande pietà, restauratore della disciplina ecclesiastica, avversario della simonia e del nicolaismo [cioè la tendenza del clero a sposarsi, cui si accompagnava una pretesa di trasmissibilità intra-familiare dei beni ecclesiastici]. Partecipò ai concili della Gallia che si tenevano regolarmente e fu in fitta corrispondenza epistolare con il papa Gregorio Magno [590-604]. In campo politico (poiché nei difficili tempi in cui visse i vescovi non potevano certo sfuggire alle responsabilità che dovevano assumersi anche in questo campo) ebbe una grande influenza presso le varie corti dei regni in cui era divisa allora la Francia merovingia. Morì verso l’anno 600. San Siagrio è uno di quei santi che hanno posto le fondamenta della civiltà cristiana e di conseguenza, nonostante secoli di decristianizzazione, anche della nostra attuale Europa, come ha continuato a ricordarci, col suo magistero, [san] Giovanni Paolo II [1978-2005]. In particolare, poi, essi fecero della Francia una nazione cattolica tale da essere definita «figlia prediletta» della Chiesa; e non si è certo troppo pessimisti se si constata che oggi tale carattere è largamente scomparso. Allora è opportuno rivolgere una preghiera a san Siagrio perché quel grande paese recuperi la sua preziosa identità nazionale e la sua vocazione storica.
Marco Tangheroni,
Cammei di santità. Tra memoria e attesa,
Pacini, Pisa 2005, pp. 23-24
Mercoledì, 17 luglio 2019