Di Marco Invernizzi da Tempi di Luglio 2019. Foto redazionale
Perché ricordare il centenario dell’“Appello agli uomini liberi e forti” che fu l’atto di nascita del Partito popolare italiano voluto nel 1919 da don luigi Sturzo?
Qualunque sia il giudizio sull’opera del sacerdote di Caltagirone che fondò il primo partito per gli elettori cattolici, è necessario conoscerlo e studiarlo perché rappresenta una parte importante di una storia, quella del movimento cattolico in italia, che neppure i cattolici conoscono. E senza una storia condivisa non si costruisce nessun futuro.
Don luigi Sturzo (Caltagirone 1871-Roma 1959) ha conosciuto almeno quattro “vite” pubbliche, che meritano di essere conosciute e approfondite.
La prima riguarda la fase precedente la nascita del Ppi, quando il movimento cattolico era organizzato attorno all’opera dei Congressi (che riunì le diverse associazioni cattoliche per trent’anni dal 1874 al 1904) e i cattolici non partecipavano alle elezioni politiche per ricordare la violenza subita dalla Santa Sede nel 1870, quando attraverso la celebre “breccia di Porta Pia” l’esercito italiano strappò Roma manu militari al papa, completando il Risorgimento italiano.
È la stagione che vede Sturzo impegnato nel lavoro sul territorio, soprattutto siciliano, per organizzare la presenza dei cattolici nei municipi. Sturzo reclama il federalismo contro il centralismo dello Stato liberale, ma è anche ostile ai cattolici conservatori che organizzano il Patto gentiloni nel 1913, un accordo elettorale con i moderati per fermare l’avanzata del partito socialista da poco costituito.
Sturzo non legge il fenomeno di scristianizzazione in corso come un processo, che comincia con il liberalismo e il nazionalismo della Rivoluzione francese e sfocia nel socialismo, e pertanto è ostile a ogni accordo con i liberali, anche se moderati, mentre sposa l’idea della democrazia cristiana per superare la fase liberale dell’italia unita. Si libera dall’influenza di don Romolo Murri (1870-1944), che farà propria la prospettiva modernista e verrà scomunicato dalla Chiesa prima di morire riconciliato un anno prima della morte, mentre molto pragmaticamente Sturzo fonderà un partito che si ispira al cristianesimo e sarà democratico e aconfessionale, senza voler rappresentare tutti i cattolici, ma solo quelli che si riconoscono nel suo programma.
Un esule sui generis
È la seconda fase della sua vita, che appunto comincia nel 1919 ma dura pochi anni, perché l’avvento del regime fascista lo costringe all’esilio, a partire dal 1924, con l’avallo della stessa Santa Sede. Negli anni dell’esilio, a londra e poi a New York dal 1940, produce i testi più corposi e approfonditi della sua opera intellettuale, nel campo della sociologia, della cultura e della storia politica. Fermamente antifascista, tuttavia non vorrà confondersi con gli altri esuli, che si rifacevano ad altre posizioni ideologiche.
Così, quando cade il regime e può tornare in italia, il 5 settembre 1946, sbarca nella penisola un personaggio scomodo, anche e forse soprattutto per la rinata Democrazia cristiana, il partito dove erano confluiti gli ex popolari, ma al quale Sturzo non si iscriverà mai. in italia, fino alla morte nel 1959, continuerà la sua battaglia autonomista e federalista, opponendosi allo statalismo e alla partitocrazia che si impadroniva delle istituzioni, e quindi spesso all’opera di “occupazione” dello Stato da parte della stessa Dc, soprattutto dopo la morte di Alcide De gasperi (1881-1954).
Personaggio scomodo
Sturzo è stato studiato da autori importanti, come gabriele De Rosa (19172009) ed Eugenio guccione fra altri, ma resta una figura controversa anche per le diverse posizioni culturali assunte nel corso della sua vita, che lo hanno portato a scontentare diversi ambienti anche all’interno del mondo cattolico. l’auspicio è che lo si studi veramente, senza pregiudizi ideologici di nessun tipo, e si trattenga dei suoi testi e del suo impegno politico ciò che può veramente servire a rilanciare la costruzione di una presenza pubblica, anzitutto culturale, dei cattolici in italia.