Di Michele Brambilla
Minuti di apprensione in piazza San Pietro la mattina del 1° settembre. Papa Francesco rimane infatti bloccato nell’ascensore del Palazzo apostolico mentre si sta recando a pregare l’Angelus e devono intervenire i pompieri a liberarlo. Lo stesso Pontefice interviene poi a rassicurare la folla: «prima di tutto, devo scusarmi del ritardo, ma c’è stato un incidente: sono rimasto chiuso nell’ascensore per 25 minuti! C’è stato un calo di tensione e si è fermato l’ascensore. Grazie a Dio sono venuti i Vigili del Fuoco – li ringrazio tanto! – e dopo 25 minuti di lavoro sono riusciti a farlo andare. Un applauso ai Vigili del Fuoco!».
Dopo essersi giustificato, Francesco inizia il proprio discorso rammentando ai fedeli che «il Vangelo di questa domenica (cfr Lc 14,1.7-14) ci mostra Gesù che partecipa a un banchetto nella casa di un capo dei farisei». Nel corso del banchetto «Gesù guarda e osserva come gli invitati corrono, si affrettano per procurarsi i primi posti», una scena del tutto consueta nell’impero romano, i cui rapporti sociali si basavano sullo schema patroni-clientes. Il vanto del patronus era possedere un raggio di clientela più ampio di quello del rivale e la politica, nell’antica Roma, seguiva esattamente gli stessi princìpi, promuovendo la scalata sociale di alcuni e provocando la caduta in disgrazia di altri. Ma Cristo, come osserva il Papa, si oppone: «la prima parabola è rivolta a colui che è invitato a un banchetto, e lo esorta a non mettersi al primo posto, “perché – dice – non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Per favore, vai indietro, cedigli il posto!””. Una vergogna! “Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto” (cfr Lc 14,8-9)», ferito nel tuo orgoglio smisurato.
«Dunque», dice il Santo Padre parafrasando il Vangelo, «non dobbiamo cercare di nostra iniziativa l’attenzione e la considerazione altrui, ma semmai lasciare che siano gli altri a darcele. Gesù ci mostra sempre la via dell’umiltà – dobbiamo imparare la via dell’umiltà! – perché è quella più autentica, che permette anche di avere relazioni autentiche». L’umiltà vale anche per il “padrone di casa”: «nella seconda parabola, Gesù si rivolge a colui che invita e, riferendosi al modo di selezionare gli invitati, gli dice: “Quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti” (Lc 14,13-14)». Comprendiamo infatti che qualcuno ci vuole bene proprio quando egli ci fa un dono inaspettato, sovrabbondante, che scaturisce direttamente dal cuore. «Anche qui, Gesù va completamente contro-corrente, manifestando come sempre la logica di Dio Padre», che non sarà mai e poi mai quella del patronus.
Tante volte l’uomo si pone nei confronti di Dio supponendo che anche quel rapporto specialissimo segua la logica del «do ut des». Invece il Signore ragiona in termini di sovrabbondanza nella gratuità, tanto che per venire nel mondo ha scelto «la Vergine Maria, “umile ed alta più che creatura” (Dante, Paradiso, XXXIII, 2)», che «ci aiuti a riconoscerci come siamo, cioè piccoli; e a gioire nel donare senza contraccambio».
Lunedì, 2 settembre 2019