Di Michele Brambilla
La mattina dell’8 settembre Papa Francesco celebra la Messa della XXIII domenica del Tempo ordinario nel Campo Diocesano di Soamandrakizay di Antananarivo, capitale del Madagascar, al culmine di un lungo viaggio apostolico che lo ha visto protagonista anche in Mozambico (4-6 settembre). Nell’omelia il Pontefice esordisce con un paragone: «il Vangelo ci ha detto che “una folla numerosa andava con Gesù” (Lc 14,25). Come quelle folle che si accalcavano lungo il percorso di Gesù, voi siete venuti in gran numero per accogliere il suo messaggio e per mettervi alla sua sequela», tuttavia «[…] voi sapete bene che camminare al seguito di Gesù non è molto riposante! […] Il Vangelo di Luca, infatti, oggi ricorda le esigenze di questo impegno». Nei discorsi che Gesù pronuncia in cammino verso Gerusalemme esiste un particolare nesso che intercorre «[…] tra la parabola del banchetto in cui l’invito è aperto a tutti (specialmente alle persone rifiutate che vivono nelle strade e nelle piazze, nei crocevia) e le tre parabole chiamate della misericordia, dove si organizza la festa quando ciò che è perduto viene trovato, quando colui che sembrava morto è accolto, festeggiato e restituito alla vita nella possibilità di un nuovo inizio». Infatti, osserva il Santo Padre, «ogni rinuncia cristiana ha significato solo alla luce della gioia e della festa dell’incontro con Gesù Cristo» che da essa scaturisce.
A cosa bisogna rinunciare per ottenere un premio così “ghiotto”? «La prima esigenza ci invita a guardare alle nostre relazioni familiari. La vita nuova che il Signore ci propone sembra scomoda e si trasforma in scandalosa ingiustizia per coloro che credono che l’accesso al Regno dei Cieli possa limitarsi o ridursi solamente ai legami di sangue, all’appartenenza a un determinato gruppo, a un clan o una cultura particolare». Ecco allora un nuovo richiamo all’universalità della Salvezza portata da Cristo, contro ogni tentativo dell’uomo di circoscriverla arbitrariamente.
«La seconda esigenza», aggiunge poi il Papa, è strettamente correlata alla prima e «ci mostra come risulti difficile seguire il Signore quando si vuole identificare il Regno dei Cieli con i propri interessi personali o con il fascino di qualche ideologia che finisce per strumentalizzare il nome di Dio o la religione per giustificare atti di violenza, di segregazione e persino di omicidio, esilio, terrorismo ed emarginazione». Pertanto «l’esigenza del Maestro ci incoraggia a non manipolare il Vangelo con tristi riduzionismi, bensì a costruire la storia in fraternità e solidarietà». Francesco cita in proposito, ancora una volta, il documento di Abu Dhabi. Il Santo Padre ribadisce infine che «con queste esigenze, il Signore vuole preparare i suoi discepoli alla festa dell’irruzione del Regno di Dio, liberandoli da quell’ostacolo rovinoso, in definitiva una delle peggiori schiavitù: il vivere per sé stessi» anziché per Dio al servizio dei fratelli.
Lunedì, 9 settembre 2019