Patrono della città. Abbiamo una Passio, forse della prima metà del VI secolo, che ne narra il martirio, il quale sarebbe avvenuto durante l’impero di Giuliano l’Apostata (330-363): secondo questo racconto, Donato, giovane chierico romano, sarebbe fuggito ad Arezzo e qui ordinato sacerdote dal vescovo Satiro, cui sarebbe poi succeduto. L’uso del condizionale è dovuto al fatto che gli studiosi di agiografia ci insegnano che il testo è da considerare leggendario nonostante la relativa antichità. Confermabile sembra soltanto la sua successione al primo vescovo della città, Satiro, attestata in una pergamena dell’XI secolo che ci tramanda il catalogo medievale dei vescovi aretini; ed il suo episcopato deve appunto attribuirsi al IV secolo, epoca documentata dalla cristianizzazione di Arezzo. Il martirio sembra escluso dal fatto che nel Martirologio Gerominiano è ricordato come «Vescovo e confessore». Ebbe un culto assai diffuso e non soltanto in Italia. Ma il suo ricordo è strettamente legato ad Arezzo; fu invocando la sua protezione, insieme a quella di Maria, che insorsero e combatterono, alla fine del Settecento, contro i Francesi ed i rivoluzionari i contadini delle campagne di Arezzo in una delle più epiche vicende delle insorgenze italiane. Una pagina di storia patria volutamente dimenticata perché non in armonia con il senso «progressivo» della storia; ma quanto in armonia invece con l’essenza profonda della nazione italiana!
Marco
Tangheroni,
Cammei di santità. Tra memoria e attesa,
Pacini, Pisa 2005.
Mercoledì, 12 settembre 2019