di Marco Invernizzi
Ci sono molti eventi avvenuti nei giorni scorsi che meriterebbero di essere analizzati. Ne ricordo uno soltanto, che i media non cattolici hanno completamente dimenticato. Riguarda la canonizzazione di John Henry Newman, avvenuta a Roma in piazza San Pietro domenica scorsa. La canonizzazione di Newman non ha interessato nemmeno la gran parte del mondo cattolico, che lo ha accantonato come uno dei tanti santi conosciuti solo dal piccolo ambiente che ne promuove la canonizzazione.
Ma per Newman non è così. La sua rilevanza non riguarda soltanto la Chiesa cattolica inglese e quella d’Inghilterra, vista la sua conversione dall’anglicanesimo, ma, dato il ruolo pubblico che ebbe nell’Ottocento inglese, la sua canonizzazione riguarda tutto il popolo inglese, la sua storia e anche quella d’Europa, in seguito all’influenza che il cardinale ha avuto nella vita pubblica del cattolicesimo europeo.
La sua vita (1801-1890) ha attraversato il XIX secolo e ha segnato, con gli scritti ma anche con la testimonianza, un problema che perdura ancora oggi.
Figlio esemplare dell’Inghilterra fiera e gelosa custode della propria identità, Newman diventa un sacerdote anglicano che studia a Oxford i padri della Chiesa, scoprendo in anni di intenso lavoro intellettuale che la Chiesa dei padri assomigliava di più a quella cattolica romana, che a quella cui apparteneva. Matura così la sua conversione al cattolicesimo, che avviene nel 1845, tramite un padre passionista italiano anche lui in cammino verso la canonizzazione, il beato Domenico Barberi (1792-1849). La conversione segna una strada che può essere percorsa ancora oggi, da tanti fedeli anglicani che desiderano quella comunione nella verità che Newman ha cercato per metà della sua esistenza e infine ha trovato nel legame con il vescovo di Roma.
La sua conversione ricorda a tutti noi, in un’epoca contrassegnata dall’indifferenza, l’importanza della verità, ma anche come la verità si incontri nella “carne”, cioè nella concretezza di un’istituzione, di una storia, di una obbedienza a Qualcuno.
Newman, ricevendo la porpora cardinalizia, dice di essere uno che ha sempre combattuto lo spirito del liberalismo che nel suo tempo penetrava nelle Chiese, anche in quella anglicana. Continuerà a farlo da cattolico, tra l’altro difendendo il principio dell’infallibilità pontificia contro i liberali inglesi, ma contribuendo anche a dare di questo dogma una lettura equilibrata, lontana da ogni fanatismo, per cui si poteva essere fedeli di Sua Santità e cittadini inglesi, naturalmente nel rispetto della libertà in coscienza di non accogliere le leggi incompatibili con la fede cattolica. Proprio in questa circostanza nasceva la celebre apologia della coscienza fatta Newman, che significa esaltare lo stretto legame che intercorre fra la coscienza e la verità, senza nessuna concessione al soggettivismo.
Papa Ratzinger disse che Newman sarebbe diventato “dottore” della Chiesa. E forse lo diventerà per una componente molto importante del suo insegnamento, quella raccolta nel libro An Essay on the Development of Christian Doctrine, preludio e preparazione alla sua conversione. In questa opera (trad. it., Lo sviluppo della dottrina cristiana, Jaca Book 2003), il cardinale inglese ci aiuta a comprendere come i “cambiamenti” nella storia della Chiesa non sono mai stati contraddittori, non hanno cioè mai rinnegato i fondamenti.
Al contrario, la Chiesa ha sempre cercato, e continuerà in questa prospettiva, a proporre la fede nel modo più adeguato affinché gli uomini di ogni epoca possano credere più facilmente. Senza tradire il deposito, ma sforzandosi di aiutare ad accogliere la fede, che è il dono più prezioso.
In un’epoca di confusione e di disobbedienza sempre più radicale, Newman ricorda a tutti i cattolici la necessità provvidenziale della Chiesa e la sua bellezza anche fra i limiti e i peccati di chi ne fa parte.
Lunedì, 14 ottobre 2019