di Michele Brambilla
Come spiega Papa Francesco nell’udienza generale del 23 ottobre, «il libro degli Atti degli Apostoli narra che san Paolo», una volta convertito alla fede cristiana, «[…] viene accolto dalla Chiesa di Gerusalemme grazie alla mediazione di Barnaba», un discepolo del Signore che vince le comprensibili paure dei primi cristiani di fronte al persecutore di un tempo. Assieme diverranno presto i protagonisti dell’espansione del cristianesimo tra le genti di lingua greca.
Infatti «Paolo e Barnaba arrivano dapprima ad Antiochia di Siria», una delle città più ricche e cosmopolite della provincia romana, «dove si fermano un anno intero per insegnare e aiutare la comunità a mettere radici (cfr At 11,26)» non limitandosi a predicare ai giudei. «Antiochia diventa così il centro di propulsione missionaria, grazie alla predicazione con cui i due evangelizzatori – Paolo e Barnaba – incidono sui cuori dei credenti, che qui, ad Antiochia, vengono chiamati per la prima volta “cristiani” (cfr At 11,26)», cioè “di Cristo”, proprio perché i convertiti non venivano più solo dal popolo ebraico e occorreva una definizione omnicomprensiva.
Barnaba era stato “aperto” nei confronti di Paolo. Ora entrambi aprono ai pagani. Il Papa deduce da questa consecutio una caratteristica fondamentale della compagine ecclesiale: «emerge dal Libro degli Atti la natura della Chiesa, che non è una roccaforte, ma una tenda capace di allargare il suo spazio (cfr Is 54,2) e di dare accesso a tutti. La Chiesa è “in uscita” o non è Chiesa, o è in cammino allargando sempre il suo spazio affinché tutti possano entrare, o non è Chiesa».
Francesco individua un elemento architettonico emblematico di questo atteggiamento di apertura: il portale delle chiese: «Quando vedo qualche chiesetta qui, in questa città, o quando la vedevo nell’altra diocesi da dove vengo, con le porte chiuse, questo è un segnale brutto. Le chiese devono avere sempre le porte aperte perché questo è il simbolo di cosa è una chiesa: sempre aperta. La Chiesa è “chiamata ad essere sempre la casa aperta del Padre. […] Così che, se qualcuno vuole seguire una mozione dello Spirito e si avvicina cercando Dio, non si incontrerà con la freddezza di una porta chiusa” (Esort. ap. Evangelii gaudium, 47)».
Tenere la porta della chiesa aperta può essere rischioso. Tuttavia, secondo il Papa, non c’è modo più immediato per mostrare le braccia spalancate del Padre. La prima comunità cristiana di Gerusalemme, forte del retaggio ebraico, rischiava di diventare un gruppo esclusivista: «Alcuni giudei affermano la necessità di farsi giudei mediante la circoncisione per salvarsi, e poi ricevere il battesimo. Dicono: “Se non vi fate circoncidere secondo l’usanza di Mosè, non potete essere salvati” (At 15,1), cioè non potete ricevere in seguito il battesimo». Le chiese possono proteggere la sicurezza dei propri tesori con le telecamere, ma devono tenere la porta aperta, trasmettendo il messaggio che la comunità cristiana non ha paura dell’incontro fortuito che apre alla Grazia tramite la via pulchritudinis. Non è stato forse così anche per Saulo, conquistato sulla via di Damasco da Colui che è «[…] il più bello tra i figli dell’uomo» (Sal 44,3)?
Giovedì, 24 ottobre 2019