di Michele Brambilla
Nella catechesi svolta nell’Udienza generale del 30 ottobre Papa Francesco cita il capitolo 16 degli Atti degli Apostoli in cui, in seguito a una visione, l’apostolo san Paolo e i suoi collaboratori giungono in Macedonia, nella città di Filippi. San Paolo aveva infatti sognato «un Macedone» che «lo supplica: “Vieni in Macedonia e aiutaci!” (At 16,9)». Fu così che il Vangelo superò lo stretto dei Dardanelli e venne annunciato per la prima volta a un popolo europeo. Francesco non può fare a meno di notare che «il popolo della Macedonia del Nord è fiero di questo, è tanto fiero di aver chiamato Paolo perché fosse Paolo ad annunziare Gesù Cristo» in Europa.
A Filippi san Paolo trova subito ad accoglierlo una donna facoltosa, ma timorata di Dio: Lidia, che si fa battezzare assieme a tutta la propria famiglia. Tuttavia, «dopo il calore sperimentato a casa di Lidia, Paolo e Sila si trovano poi a fare i conti con la durezza del carcere […] dove vengono gettati per aver liberato nel nome di Gesù “una schiava che aveva uno spirito di divinazione” e “procurava molto guadagno ai suoi padroni” con il mestiere di indovina (At 16,16). I suoi padroni guadagnavano tanto e questa povera schiava faceva questo che fanno le indovine: ti indovinava il futuro, ti leggeva le mani».
Per attualizzare l’episodio il Papa “scomoda” la cantante Iva Zanicchi: «come dice la canzone, “prendi questa mano, zingara”, e per questo la gente pagava». Anche oggi molti europei, pur dichiarandosi “scettici”, “avanzati”, “razionali”, si recano di nascosto dalle fattucchiere e la magia ha un grande appeal sull’immaginario dei giovani.
La carcerazione di san Paolo a Filippi presenta anche un altro elemento di interesse. Secondo il Papa, dà infatti un consiglio preziosissimo per vincere i momenti che sant’Ignazio di Loyola (1491-1556) chiama di «desolazione» (cfr. Esercizi spirituali, n. 317): «Paolo è in carcere e durante la prigionia accade però un fatto sorprendente. È in desolazione, ma invece di lamentarsi, Paolo e Sila intonano una lode a Dio e questa lode sprigiona una potenza che li libera: durante la preghiera un terremoto scuote le fondamenta della prigione, si aprono le porte e cadono le catene di tutti (cfr At 16,25-26)». Non è altro che quello che consiglia s. Ignazio: «in tempo di desolazione non si deve mai deliberare o fare mutamento riguardo ai propositi o allo stato di vita» (n. 318). San Paolo rimane ancorato a Cristo, canta le Sue lodi e la desolazione si trasforma in una nuova consolazione. Sorpresa nella sorpresa, si converte pure il carceriere (At 16,34).
L’Europa, che ha ricevuto la prima evangelizzazione direttamente dagli Apostoli, si trova ora in una fase di desolazione spirituale. L’invito sotteso alla catechesi papale è confermare in questo momento la professione di fede in Gesù per produrre, in futuro, nuovi e più copiosi frutti di santità.
Giovedì, 31 ottobre 2019