Mons. Luciano José Cabral Duarte, Cristianità n. 101-104 (1983)
Durante il recente Sinodo dei vescovi – che si è svolto a Roma dal 29 settembre al 29 ottobre 1983, e che è stato caratterizzato, tra l’altro, da «difficoltà e tensioni emerse nel corso delle discussioni» (Giovanni Paolo II, Discorso di chiusura del Sinodo, del 20-10- 1983, in supplemento a L’Osservatore Romano, 30-10-1983) – mons. Luciano José Cabral Duarte, arcivescovo di Aracajú in Brasile, nell’intervento pronunciato il 5 ottobre, ha denunciato a chiare lettere la massiccia presenza marxistica nel mondo ecclesiastico latinoamericano. Ha inoltre puntualmente descritto le modalità operative di questa presenza inquietante, che, analogamente ai precedenti giansenistici e modernistici, si esprime nella «indifferenza» alle indicazioni del Magistero piuttosto che nella contestazione aperta. La presa di posizione del presule brasiliano è di particolare importanza sia per capire quanto accade, a tutti i livelli, nella Chiesa e nel mondo cattolico latinoamericani, sia per osservare la vita della Chiesa tout court dei nostri giorni, dal momento che non è forse un paradosso sostenere che «tutto il mondo è … America Latina»! Non ne è piccola prova il fatto stesso che i suggerimenti dell’intervento non siano stati accolti? Il titolo e la traduzione dal latino sono redazionali.
Un problema solamente latinoamericano?
Presenza marxistica e sue modalità operative nella Chiesa in America Latina
1. Prendendo in considerazione l’ampio tema di questo Sinodo, e cioè La riconciliazione e la penitenza nella missione della Chiesa, mi sembra di grande importanza trattare un aspetto particolarmente grave di questo problema, cioè la conversione delle intelligenze cattoliche e la loro riconciliazione con il Magistero.
2. Intendo parlare del problema della Teologia della Liberazione di tendenza marxistica, esistente in America Latina. Questa Teologia della Liberazione riduce la presenza della Chiesa nel mondo al semplice sforzo umanistico di costruirlo. In verità un umanesimo di questo genere, nella stessa misura in cui coincide con la dottrina marxistica, dovrebbe essere chiamato un vero e proprio anti-umanesimo.
3. Ora pressoché ovunque in America Latina, disponendo di una grande abbondanza di mezzi materiali – il che lascia pure molte domande senza risposta -, la Teologia della Liberazione ispirata al marxismo diffonde in mezzo ai cristiani come corretto e lecito un modo di ragionare fondato su categorie desunte coerentemente dalla dottrina di Karl Marx. Cioè: il dualismo dialettico «oppressi-oppressori»; oppure la ineluttabile necessità di tentare di spiegare la società in termini di lotta di classi; oppure, ancora, la urgenza di assumere come criterio sommo di verità, anche teologica, la «prassi».
4. Vorrei a questo punto osservare che, facendo riferimento alla Teologia della Liberazione di tendenza marxistica, penso di potere abbandonare la qualificazione aggiunta, e di potere parlare semplicemente di Teologia della Liberazione. Infatti si può fare questa triste verifica semantica: alcuni anni or sono, quando qualcuno parlava di Teologia della Liberazione, la pubblica opinione aveva davanti a sé diverse correnti di questo «nuovo – come dicevano – capitolo della teologia pastorale». Vi era una certa corrente, ispirata al Vangelo, facilmente consonante con le esigenze e la purezza del Vangelo stesso, come quella che pervade il documento di Puebla, a cominciare dal discorso inaugurale di Sua Santità Giovanni Paolo II, che emerge in diversi passi del citato documento pastorale. Inoltre vi era un’altra corrente che, benché eccessivamente indulgente verso tendenze sociologistiche, tuttavia conservava una debita distanza dalla teoria marxistica. Vi era anche una corrente di ispirazione marxistica. Parlando però in questi giorni, verso la fine di questo anno 1983, penso di potere affermare che oggi, nella maggior parte delle nazioni dell’America Latina, fra cui è da annoverare il Brasile, quando qualcuno parla di Teologia della Liberazione tout court tutti comprendono che si fa riferimento a un complesso di tesi sostenute dai fautori di una tendenza fìlomarxistica. Questo è un fatto che non mi sembra si possa contestare, considerando il corrente significato dei concetti.
5. Parimenti devo indicare che, mentre in Europa – come si legge in testi autorevoli – oggi il marxismo come teoria e come prassi è indubbiamente molto screditato, in America Latina, al contrario, presso diversi esperti, anche cattolici, così come pure nelle università, questa dottrina e questa ideologia, «nelle quali sembrano pressoché esaurirsi le energie umane», conservano ancora molta attrattiva.
6. Mi sembra, dunque, che a noi vescovi tutti, alla luce delle sollecitudini di questo Sinodo, competa il grave compito di promuovere la conversione di moltissime intelligenze cattoliche, e la loro riconciliazione con il Magistero della Chiesa. In verità riconosco che questa opera è difficilissima. Soprattutto per questa nuova ragione. Negli anni immediatamente seguenti il Concilio Vaticano II, si mostrò una resistenza alla dottrina del Magistero sotto forma di agitazione contestataria. Ma quel tempo è passato. Il modo di comportarsi di coloro che ora oppongono resistenza è molto diverso e, a mio giudizio, di gran lunga più grave. Oggi il Magistero parla e nessuno lo contesta apertamente, fatta eccezione per questa e per quella voce solitaria. Ora è invalso l’uso di ascoltare, di tacere e poi di continuare a dire e a fare le stesse cose che si dicevano e si facevano prima. Ora è tempo, per così dire, di «riverente indifferenza» … Ciò che queste intelligenze dissenzienti pretendono è restare all’interno della Chiesa «per trasformare – come dicono – la Chiesa stessa dall’interno».
7. Vorrei inoltre indicare il procedimento di questa necessaria «conversione delle intelligenze» e della loro riconciliazione con il Magistero, che mi sembra di grande importanza. Ora la influenza di queste intelligenze si esercita in non pochi seminari dell’America Latina. Quindi il problema della cronica mancanza di sacerdoti nel nostro continente è aggravato, di fronte alla deformata preparazione di molti nuovi sacerdoti usciti da seminari di questo tipo, in cui si insegna principalmente la Teologia della Liberazione e nei quali non mancano coloro che propongono lo studio della Bibbia in chiave marxistica …
8. Concludo dicendo che mi sembra straordinariamente importante una parola di questo Sinodo sulla necessaria conversione delle intelligenze e sulla importanza della riconciliazione delle intelligenze cattoliche con il Magistero della Chiesa.
In questa opera potremmo essere guidati dalla luminosa parola di san Paolo apostolo: «rendendo ogni intelligenza soggetta all’obbedienza al Cristo» (2 Cor. 10, 5).
Grazie. Ho parlato.
✝ Mons. Luciano José Cabral Duarte
Arcivescovo di Aracajú