Di Michele Brambilla
La liturgia della III domenica di Avvento, caratterizzata dai paramenti rosa, è un continuo invito a gioire per l’approssimarsi del Natale di Cristo. Nella vita quotidiana, però, i momenti nei quali si percepisce distintamente la presenza di Dio (sant’Ignazio di Loyola [1491-1556] li definisce «consolazioni») si alternano ad altri in cui la fede può vacillare, come spiega, appoggiandosi alle letture del giorno, Papa Francesco all’Angelus del 15 dicembre: «All’esplicito invito alla gioia del profeta Isaia: “Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa” (Is 35,1), si contrappone nel Vangelo il dubbio di Giovanni Battista: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?” (Mt 11,3)».
Gesù, in effetti, tardava ad adattarsi a una figura di Messia che implicava necessariamente, secondo i suoi contemporanei, la potenza militare e la gloria del regnum. Ma, a ben vedere, «[…] l’uomo di Dio», ovvero il medesimo profeta Isaia, «guarda oltre, perché lo Spirito Santo fa sentire al suo cuore la potenza della sua promessa», da non ridurre, avverte Francesco, ad una salvezza solo intra-mondana. «È ciò che si realizza con Gesù: “i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo” (Mt 11,5)»: gli stessi “segni messianici” che la tradizione ebraica si era impegnata per secoli a scrutare annunciano un risanamento in capite et in membris dell’umanità e del creato, che è qualcosa di decisamente più profondo della semplice restaurazione del regno davidico.
«Tale descrizione», riassume il Pontefice, «ci mostra che la salvezza avvolge tutto l’uomo e lo rigenera. Ma questa nuova nascita, con la gioia che l’accompagna, sempre presuppone un morire a noi stessi e al peccato che è in noi. Da qui deriva il richiamo alla conversione, che è alla base della predicazione sia del Battista sia di Gesù; in particolare, si tratta di convertire l’idea che abbiamo di Dio». Lo stesso san Giovanni Battista, cugino del Messia e suo Precursore, dovette purificare i suoi pensieri: «[…] anche lui ha dovuto convertirsi a Gesù. Come Giovanni, anche noi siamo chiamati a riconoscere il volto che Dio ha scelto di assumere in Gesù Cristo, umile e misericordioso».
Un volto spesso non facile da decifrare. Il credente non è l’uomo che non si pone domande: «L’Avvento è tempo di grazia. Ci dice che non basta credere in Dio: è necessario ogni giorno purificare la nostra fede. Si tratta», infatti, «di prepararsi ad accogliere non un personaggio da fiaba, ma il Dio che ci interpella, ci coinvolge e davanti al quale si impone una scelta». Il Papa richiama, pertanto, l’importanza di quello strumento eccezionale di evangelizzazione che è il presepe, di cui benedice i Bambinelli, portati in piazza S. Pietro dai bambini delle parrocchie di Roma: «Alzate le statuine! Le benedico di cuore. “Il presepe è come un Vangelo vivo. […] Mentre contempliamo la scena del Natale, siamo invitati a metterci spiritualmente in cammino, attratti dall’umiltà di Gesù, Dio, Colui che si è fatto uomo per incontrare ognuno di noi. E scopriamo che Egli ci ama a tal punto da unirsi a noi, perché anche noi possiamo unirci a Lui” (cfr Lett. ap. Admirabile signum, 1)».
Lunedì, 16 dicembre 2019