di Michele Brambilla
La nostra epoca è caratterizzata da un disprezzo singolare per l’uomo e per il suo valore. Piante e animali vengono considerati pari all’essere umano, se non addirittura superiori. Degli uomini si enfatizzano solo i difetti. Dio, invece, ha voluto proprio diventare uno di noi, si è fatto Bambino. Come esplicita Papa Francesco nell’omelia per la Messa nella Notte di Natale, celebrata alle 21.30 del 24 dicembre nella basilica di S. Pietro, «in Gesù l’Altissimo si è fatto piccolo, per essere amato da noi. In Gesù Dio si è fatto Bambino, per lasciarsi abbracciare da noi». Non solo ha reso gli uomini interlocutori privilegiati del Suo messaggio di salvezza, ma ha anche voluto assumere proprio la nostra natura umana.
«Stanotte», continua il Papa, «ci rendiamo conto che, mentre non eravamo all’altezza, Egli si è fatto per noi piccolezza; mentre andavamo per i fatti nostri, Egli è venuto tra noi. Natale ci ricorda che Dio continua ad amare ogni uomo, anche il peggiore». Il Santo Padre ne deduce che «accogliere la grazia è saper ringraziare. Ma le nostre vite trascorrono spesso lontane dalla gratitudine. Oggi è il giorno giusto per avvicinarci al tabernacolo, al presepe, alla mangiatoia, per dire grazie».
Sono i medesimi toni del messaggio Urbi et Orbi, pronunciato dal Papa a mezzogiorno del 25 dicembre: «Dal grembo della madre Chiesa», in virtù del Sacramento eucaristico, «questa notte è nato nuovamente il Figlio di Dio fatto uomo. Il suo nome è Gesù, che significa Dio salva. Il Padre, Amore eterno e infinito, lo ha mandato nel mondo non per condannarlo, ma per salvarlo (cfr Gv 3,17)». Questo riempie di speranza anche coloro che nelle loro nazioni stanno vivendo momenti difficili: «Cristo sia luce per i tanti bambini che patiscono la guerra e i conflitti in Medio Oriente e in vari Paesi del mondo». Francesco enumera la Siria, l’eterna “questione palestinese”, l’Ucraina, il Congo “belga”, il dramma dei profughi di ogni continente, ma anche il Libano, lo Yemen, l’Iraq, le tensioni politiche in America Latina (cita in particolare il Venezuela) e gli orrori jihadisti nell’Africa equatoriale. L’auspicio generale è che Dio «benedica gli sforzi di quanti si stanno prodigando per favorire la giustizia e la riconciliazione e si adoperano per superare le varie crisi e le tante forme di povertà che offendono la dignità di ogni persona».
Quella dignità che Cristo è venuto a restaurare in pienezza: «L’Emmanuele sia luce per tutta l’umanità ferita. Sciolga il nostro cuore spesso indurito ed egoista e ci renda strumenti del suo amore. Attraverso i nostri poveri volti, doni il suo sorriso ai bambini di tutto il mondo: a quelli abbandonati e a quelli che hanno subito violenze. Attraverso le nostre deboli braccia, vesta i poveri che non hanno di che coprirsi, dia il pane agli affamati, curi gli infermi. Per la nostra fragile compagnia, sia vicino alle persone anziane e a quelle sole, ai migranti e agli emarginati. In questo giorno di festa, doni a tutti la sua tenerezza e rischiari le tenebre di questo mondo». Nella carità non si rivela pienamente solo il volto di Dio, ma anche quello dell’uomo, costruendo così una civiltà nuova, quella della vita e dell’amore.
Giovedì, 26 dicembre 2019