Francesco Barbesino e Stefano Crapella, Cristianità n. 148-150 (1987)
Dati e argomenti per superare la barriera della disinformazione eretta dai socialcomunisti con la copertura di ripetitori — forse non sempre ingenui — di slogan «ecologici». I termini quantitativi della dipendenza energetica dell’Italia e le motivazioni partigiane di scelte presentate come puramente razionali e come unicamente tese alla salvaguardia dell’habitat naturale.
In vista di un’importante scadenza politica
A proposito del nucleare
Da Chernobyl alla consultazione referendaria dell’8 novembre 1987
Il 26 aprile 1986 si verifica un grave incidente al reattore nucleare RBMK di Chernobyl, in Ucraina, incidente denunciato dalle autorità sovietiche solo alcuni giorni dopo il suo accadimento e in seguito alla misurazione, avvenuta in più parti della Scandinavia, di dosi di radioattività decisamente superiori alla soglia naturale (1). Tale incidente accentua in tutto il mondo sia le preoccupazioni che le polemiche relative all’utilizzo della fissione nucleare per la produzione di energia a scopi pacifici. Ecologisti e antinuclearisti — spesso sostenuti da forze politiche, per lo più di sinistra — sfruttano l’episodio per dipingere a tinte fosche il futuro dell’umanità nel caso in cui non venga arrestata la «corsa al nucleare».
Anche in Italia l’incidente di Chernobyl, oltre a suscitare ondate di panico spesso indotte nella popolazione da campagne di stampa drammatizzanti, è seguito dall’intensificarsi delle polemiche sul tema, culminate in un dibattito parlamentare che porta, il 3 giugno 1986, alla decisione di convocare una conferenza nazionale sul problema energetico italiano: il governo veniva vincolato a non assumere iniziative in materia di impianti nucleari prima dello svolgimento di tale conferenza, congelando così il Piano Energetico Nazionale approvato dal parlamento alla fine del 1985; veniva inoltre impegnato a interpellare sul problema energetico, in preparazione della conferenza, centri di ricerca, enti energetici, associazioni ambientalistiche e professionali, e così via; e a tale scopo il ministro per l’Industria, il Commercio e l’Artigianato, Valerio Zanone, inviava un questionario (2) a centosessantotto dei predetti enti e con il decreto legge del 4 dicembre 1986 istituiva una commissione tecnico-scientifica alla quale far pervenire le risposte. Sulla base dei settantanove questionari giunti in tempo utile, i tre gruppi nei quali si articolava la commissione — «Economia, energia e sviluppo», «Ambiente e sanità» e «Assetto normativo ed istituzionale» — elaboravano alcune relazioni, successivamente presentate alla Conferenza Nazionale sull’Energia che, dopo contrasti e rinvii, si apriva a Roma il 24 febbraio 1987. A complicare ulteriormente il dibattito in materia energetica interviene una richiesta di referendum abrogativo promossa dai radicali, dai «verdi» e da Democrazia Proletaria. Questa richiesta di referendum — a sostegno della quale sono rapidamente raccolte, nella primavera del 1986, le firme necessarie — riguarda:
– l’abrogazione dell’articolo unico della legge 18-12-1973 n. 856, che prevede la possibilità per I’ENEL, l’Ente Nazionale per l’Energia Elettrica, di «promuovere o assumere la partecipazione con società o enti stranieri» che abbiano come oggetto, fra l’altro, la realizzazione e l’esercizio di impianti elettronucleari;
– l’abrogazione dei commi 1-13 dell’articolo unico della legge 10-1-1983 n.8, che stabilisce la corresponsione di un indennizzo alle regioni e ai comuni ove vengano installati impianti per la produzione di energia elettrica, fornendo nel contempo al CIPE, il Comitato Interministeriale Programmazione Economica, la possibilità di indicare d’ufficio i luoghi in cui installare le centrali, qualora la regione interessata non decida nei tempi previsti.
L’abrogazione della prima legge tende a impedire che I’ENEL possa essere comproprietario di impianti energetici, non solo di tipo nucleare, all’estero — per esempio, del reattore nucleare veloce francese Superfoenix —, e quella del secondo testo legislativo punta a rendere le regioni e i comuni meno incentivati all’installazione di nuove centrali — anche in questo caso non soltanto nucleari — sul loro territorio.
La consultazione referendaria — inizialmente prevista per la primavera del 1987 e quindi rinviata in seguito allo scioglimento anticipato delle Camere e alla conseguente indizione di elezioni politiche generali il 14 giugno — è fissata per 1’8 novembre 1987, grazie a un provvedimento approvato il 6 agosto dal parlamento dopo molte polemiche e che, in deroga alla disciplina generale sui referendum, consente di tenerli nello stesso anno in cui si sono svolte le elezioni politiche.
Il problema energetico
Il problema delle centrali nucleari in Italia, sul quale è stata indirizzata l’attenzione dell’opinione pubblica nazionale, ha significato e può essere correttamente affrontato soltanto all’interno del più vasto problema energetico.
In primo luogo è opportuno notare come l’Italia abbia un elevatissimo grado di dipendenza energetica dall’estero — l’82% nel 1985 — e come tale dipendenza sia venuta crescendo di tre punti percentuali negli anni dal 1973 al 1985, contrariamente a quanto è accaduto in molti altri paesi occidentali che, nello stesso periodo, hanno diminuito la loro dipendenza energetica in misura spesso assai consistente (3). Il 72%delle importazioni energetiche italiane nel 1985 era costituito dal petrolio, il 12% dal gas naturale — soprattutto metano — e l’11,5% dal carbone (4). I principali fornitori dell’Italia sono, per quanto riguarda il petrolio e secondo dati aggiornati ai primi cinque mesi del 1987, la Libia, con il 14,9%, l’Iran, con il 13,6%, l’Arabia Saudita, con il 12,9%, l’URSS, con l’11,9%, e l’Egitto, con il 10,5% (5); il metano invece, secondo dati del 1986, è importato per il 40% dall’Algeria, per il 39,2% dall’URSS — con un’opzione per la fornitura di una quantità doppia rispetto a quella attuale —, per il 20,4% dall’Olanda (6), mentre il carbone proviene soprattutto — secondo dati sempre del 1986 — dagli Stati Uniti, per il 45,5%, dal Sudafrica, per il 27,3%, e dall’Australia, per l’11,7% (7).
Da quanto riferito emerge evidentissima la caratterizzazione geopolitica delle importazioni italiane di materie energetiche: il petrolio e il metano provengono per lo più da paesi a regime socialcomunista e da paesi del Golfo, mentre il carbone viene acquistato da nazioni del campo occidentale (8). Perciò la forte dipendenza energetica dell’Italia, che rende problematica ogni previsione di sviluppo e aumenta la debolezza delle strutture economico-industriali del paese rispetto alla concorrenza straniera, è resa ancora più critica dalla sostanziale influenza che possono esercitare considerazioni politiche quando gli interlocutori commerciali sono paesi del Golfo oppure socialcomunisti. La maggiore difesa di fronte a questa situazione consisterebbe nel diversificare il più possibile le fonti energetiche primarie, oltre che i paesi fornitori. Tuttavia — e questo è il secondo elemento fondamentale a cui fare riferimento per una corretta valutazione del problema in esame —, considerando la prevedibile evoluzione tecnologica a medio termine — cioè entro i prossimi trenta o quarant’anni —, le fonti energetiche realisticamente utilizzabili si riducono al petrolio, al gas naturale, al carbone, all’energia idrogeoelettrica e a quella nucleare da fissione (9). La costruzione di impianti di media o di grande potenza basati su fonti di energia rinnovabili — per esempio eolica o solare — così come l’utilizzazione dell‘energia nucleare da fusione non è realizzabile almeno fino agli anni Venti o Trenta del prossimo secolo (10).
In terzo luogo, la crescente richiesta di energia primaria, sia su scala nazionale che mondiale (11), rende poco credibile l’ipotesi di trovare una soluzione al problema energetico in una riduzione significativa dei consumi, che dovrebbe essere imposta da un intervento politico, le cui conseguenze prevedibili sarebbero un aumento del costo dell’energia e una contrazione della produzione e/o del tenore di vita (12).
In questa situazione decisamente complessa è da molti invocato un urgente e più pronunciato ricorso all’energia nucleare, sia al fine di operare in termini realistici e possibili una diversificazione delle fonti primarie, sia per incrementare la produzione energetica.
Le fonti di energia
Le modalità di produzione di energia dalle diverse fonti e i vantaggi e gli svantaggi di ciascuna di esse sono spesso illustrati in modo da orientare l’opinione pubblica in direzioni precostituite. Il metano, per esempio, è solitamente presentato come poco costoso ed ecologicamente pulito, spesso si tacciono i problemi connessi al petrolio, mentre si evidenziano con accanimento sospetto gli aspetti negativi, veri o presunti, del carbone e del nucleare. Nella impossibilità di affrontare dettagliatamente gli aspetti problematici di ciascuna fonte di energia, merita di essere ricordato — per esempio — che a proposito del metano si tace solitamente che:
– le quantità di anidride carbonica e di ossidi di azoto emesse da un impianto termoelettrico a metano possono essere nettamente maggiori di quelle provenienti da impianti alimentati a carbone oppure a nafta (13);
– il metano si miscela facilmente con l’aria, ha un intervallo di esplosività relativamente ampio e si innesca con piccolissime quantità di energia, tanto che trentadue incidenti, con uno o più morti, sono stati provocati in Italia, nel 1984 e nel 1985, appunto da impianti a metano (14);
– il metano costa, all’importazione, il doppio del gasolio e, per mantenerlo concorrenziale con questo alla distribuzione, al metano stesso vengono applicati carichi fiscali quattro volte inferiori, cioè pari al 14,4% contro il 62,25% (15);
– la costruzione dei metanodotti, infine, vincola quasi indissolubilmente al paese fornitore (16).
A proposito del petrolio, si tace che:
– dai suoi derivati provengono — mediante la globalità dei processi di combustione connessi con i vari settori di attività — le quantità più elevate di ossido di zolfo e di azoto. Inoltre, per quanto riguarda gli ossidi di azoto, secondo dati del 1984, il 59% di essi proviene dal settore dei trasporti; se poi si considerano le emissioni globali di polveri — sempre secondo dati del 1984 —, anche i combustibili solidi, come il carbone, che di tali emissioni producono il 14%, sono ampiamente superati dal gasolio e dai distillati medi, con il 52%, e dall’olio combustibile, con il 29%. Pure in questo caso il settore dei trasporti, che produce polveri per il 49%, è di gran lunga il più inquinante (17): perciò, anche se si chiudessero le centrali a carbone — come da più parti è richiesto (18) — il problema dell’inquinamento atmosferico non sarebbe certamente risolto né avviato significativamente a soluzione;
– dal punto di vista economico, oltre alla fluttuazione dei prezzi — difficilmente prevedibile in un’area geopolitca particolarmente instabile —, l’importazione del petrolio aggrava la bilancia commerciale italiana più di quanto lo facciano le importazioni delle altre fonti, poiché viene pagato in valuta pregiata a paesi che hanno un basso assorbimento di tecnologie o di manufatti ad alto valore aggiunto.
Gli esempi fino a questo punto addotti — scelti all’interno di una congerie di dati di difficile interpretazione e spesso fra loro contraddittori — mostrano comunque come «non esistano energie facili, tutte impongono un prezzo»: «Il problema è di scegliere […] e gestire le risorse create dalla tecnologia […], non di rinunciare all’energia ma di consumarla meglio preparando l’alternativa per il futuro» (19). Prese di posizione come quelle dei cosiddetti ambientalisti, che nel luglio del 1987 hanno presentato a Roma le «mappe nere su carbone e nucleare» (20), tacendo le «mappe nere» del petrolio e del metano, manifestano, nella migliore delle ipotesi, una grande disinformazione, oppure — escluderlo è ingenuo, non pietoso — una evidente funzionalità a una precisa operazione di disinformazione.
La fonte nucleare
Un’analisi obbiettiva delle caratteristiche dell’energia nucleare da fissione porta a individuare vantaggi e svantaggi connessi con lo sfruttamento di tale energia.
Per quanto riguarda i costi, uno studio condotto dall’ENEA, il Comitato Nazionale per la Ricerca e lo Sviluppo dell’Energia Nucleare e delle Energie Alternative, pone a confronto il costo del KWh all’uscita da centrali alimentate con combustibili diversi e mostra che il KWh nucleare è il più economico (21), soprattutto se si considera non il prezzo attuale del greggio, ma quello previsto per il prossimo futuro.
In relazione alle disponibilità delle fonti, uno studio dell’ENI, l’Ente Nazionale Idrocarburi, riporta le riserve provate delle diverse fonti energetiche (22): ai livelli di consumo del 1985, il combustibile nucleare utilizzato per la fissione sarebbe disponibile per almeno un centinaio d’anni (23) — alcune migliaia se si passasse ai reattori veloci —, mentre le riserve mondiali di petrolio sono dell’ordine di poche decine d’anni e del doppio quelle di gas naturale. Il carbone si renderebbe disponibile per diverse centinaia d’anni.
Quanto all’impatto ambientale, occorre anzitutto distinguere le normali condizioni di esercizio dalle possibilità di incidente. In condizioni normali di esercizio, l’energia nucleare ha un impatto ambientale trascurabile rispetto alle altre fonti poiché non produce inquinanti atmosferici, mentre le radiazioni emesse sono dell’ordine di un millesimo delle dosi limite di rischio (24). Tali radiazioni risultano, inoltre, «trascurabili di fronte al fondo naturale, anzi minori delle fluttuazioni naturali del fondo stesso» (25). Se si considerano poi le possibili condizioni di incidente dei reattori nucleari termici, va ricordata la ridottissima eventualità che si producano, e tale probabilità diminuisce al crescere della gravità dell’incidente ipotizzato (26).
L’affidabilità delle centrali alimentate con energia nucleare da fissione si fonda:
– sui reattori, intrinsecamente sicuri, dal momento che, per esempio, la perdita oppure il surriscaldamento del refrigerante tende a spegnere la reazione a catena;
– sui sistemi di contenimento e di sicurezza sempre più cautelativi: negli eventi di progetto e nelle prove di qualifica dei componenti da installare si prevedono, fra l’altro, terremoti di grande intensità, atti di sabotaggio e, in Italia, anche la caduta di aerei (27);
– sulla severità delle normative di accettazione e di controllo degli impianti stessi.
Unico incidente con effetti gravi sulla popolazione civile e avvertibili in un ampio raggio fino a oggi avvenuto in centrali nucleari è appunto quello che si è prodotto a Chernobyl. Dettagliate relazioni sulla meccanica dell’incidente mostrano però con evidenza come tale evento non possa venire riprodotto, neppure con tutti gli errori e le imprudenze che hanno caratterizzato l’episodio, nei reattori attualmente installati in Italia (28).
Un rilevante impatto ambientale può avere, invece, lo smaltimento dei rifiuti solidi a bassa attività, cioè del materiale contaminato (29), e, soprattutto, di quelli ad alta attività o «scorie», cioè dei prodotti di fissione.
Infatti, le scorie radioattive, pur presentandosi in piccola quantità, sono estremamente tossiche e hanno un tempo di decadimento di alcune migliaia d‘anni. Per il loro confinamento sono state proposte diverse soluzioni, ma — soprattutto in Italia — non è ancora stata individuata quella definitiva.
Per quanto attiene all’incidenza sul bilancio energetico, le previsioni di sviluppo per l’anno 2000 ipotizzano un incremento della quota nucleare dall’attuale 1% al 5% per i consumi di energia primaria e dal 3% al 19% per i consumi di energia elettrica (30). Anche se taluni giudicano questi livelli troppo bassi per giustificare il rischio nucleare, si deve osservare che I’acquisizione della tecnologia nucleare fornisce una via di fuga e un deterrente nei confronti di eventuali ricatti economici e politici messi in opera dai fornitori di fonti di energia primaria.
Conclusioni
Per secoli si è considerato l’ambiente come una risorsa inesauribile e naturalmente rinnovabile. Lo sviluppo tecnologico raggiunto ai nostri giorni nei paesi industrializzati come l’Italia impone però un mutamento nell’atteggiamento da tenere nei confronti dell’ambiente e una sua difesa attraverso azioni di compenso e di riequilibrio (31). Tuttavia, perché tale azione non si riduca a essere puramente velleitaria, si deve ricordare, anzitutto, che la rimozione dell’inquinamento comporta un costo, tanto più elevato quanto più si intende essere efficaci; quindi, che l’inquinamento dell’ambiente non è prodotto unicamente dai processi di trasformazione di energia primaria, ma che a esso contribuiscono oggi in modo rilevante altri settori produttivi con i quali da tempo l’uomo convive, come sono l’agricoltura, l’industria e i trasporti; infine, che non esistono fonti energetiche completamente pulite e sicure, dal momento che vi sono effetti diversi per ogni fonte, che le conoscenze della loro influenza sull’ambiente e sull’uomo sono spesso limitate e che questa incertezza favorisce la drammatizzazione dei problemi sulla base di argomentazioni solo in apparenza razionali.
Tuttavia, i problemi posti dal degrado dell’ambiente non consentono di accantonare quello della dipendenza energetica, che mantiene l’economia italiana in uno stato di estrema vulnerabilità (32), in considerazione anche del fatto che nel 1986 il consumo interno è cresciuto ulteriormente (33) e che sono previsti nuovi incrementi (34).
Se non si vuole avviare l’Italia sulla china del sottosviluppo, si impone una politica di diversificazione sempre più articolata delle fonti di approvvigionamento energetico e di costruzione di nuove centrali.
Al problema energetico, che è tecnico ed economico prima, poi «di civiltà», si è venuta affiancando, come per molti versi inevitabile, una battaglia politica nella quale pochi sono consapevoli della portata della posta in gioco. Infatti si cerca anzitutto di trasformare i referendum su specifici problemi energetici in un «referendum sul nucleare» che sancisca, almeno in termini propagandistici, l’uscita dell’Italia dal campo nucleare (35). Poi, sulla base di spinte emotive, si punta a estendere il disimpegno dal nucleare al carbone, poiché — con ogni evidenza — il problema politico della sinistra consiste nell’orientare la dipendenza energetica dell’economia italiana verso i paesi a regime socialcomunista e verso certi paesi arabi, escludendo l’Italia dal libero mercato dei paesi del campo occidentale.
Con questa chiave di lettura si spiega molto bene l’antinuclearismo del Partito Comunista Italiano, del Partito Socialista Italiano e del Partito Socialista Democratico Italiano, e la ragione per la quale Democrazia Proletaria e i verdi si impegnino già, oltre che nella lotta al nucleare, anche in quella contro le centrali a carbone, un tema su cui gli stessi partiti maggiori della sinistra cominciano a schierarsi esplicitamente (36).
La consultazione referendaria, fissata per 1’8 novembre 1987 e che si pone ormai come passaggio obbligato dell’intera vita politica, dovrebbe permettere di far compiere all’Italia — con l’avallo di un consenso popolare strappato attraverso reticenze, disinformazioni e ambigue pressioni — un ulteriore passo verso la sua dipendenza da quel mondo socialcomunista che, non essendo riuscito a conquistare il potere nel paese con la propaganda della sua ideologia, tenta la via del ricatto economico, prima, forse, di ricorrere all’extrema ratio dello strumento direttamente militare. Importa quindi non cadere nel tranello, aumentare — non ridurre — la nostra indipendenza energetica, nella prospettiva di un giorno in cui, senza ricatti energetici e senza l’ipoteca grave e reale della schiavitù, si possano riesaminare tante ambigue scelte di civiltà e, forse, ridisegnare il rapporto con l’ambiente, non solo ope legis ma come frutto maturo di una cultura più umana.
Francesco Barbesino e Stefano Crapella
Note:
(1) Cfr. PIERRE FAILLANT DE VILLEMAREST, La catastrofe di Chernobyl e le sue conseguenze, in Cristianità, anno XIV, n. 134-135, giugno-luglio 1986.
(2) Cfr. Energia Nucleare, anno III, n 3, dicembre 1986, pp. 5-6.
(3) Cfr. Relazione del gruppo «Economia, energia e sviluppo» alla Conferenza Nazionale sull’Energia, Roma 24/27-2-1987, pp. 32-33. Le diminuzioni del grado di dipendenza energetica dal 1973 al 1985 sono state di tre punti per la Repubblica Federale di Germania, che è passata dal 54% al 5I%, di cinque punti per gli Stati Uniti, passati dal 15% al 10%, di cinque punti per il Giappone, dall’88% all’83%, di quattordici punti per la Spagna, dal 73% al 59%, di quindici punti per la Svezia, dal 63% al 48%, di diciotto punti per la Francia, dal 77% al 59%, e di ben cinquantotto punti per la Gran Bretagna, passata dal 51% al -7%, che cioè nel 1985 ha esportato energia!
(4) Cfr. Energiaoggi, anno V, n. 150, 3-10-1986, p. 4.
(5) Cfr. ItaliaOggi, 5-8-1987, p. 5. Sullo stesso quotidiano si sottolinea come, rispetto al 1986, siano diminuite le importazioni italiane dall’Arabia Saudita e aumentate notevolmente quelle dalla Libia, dall’Iran e dall’URSS. Pier Luigi Vercesi commenta: «L’Italia, nella sostanza, sembra aver privilegiato, nelle proprie scelte d’acquisto di una materia prima strategica come il greggio, l’Iran, il paese da cui l’Occidente prende progressivamente le distanze».
(6) Cfr. Energia e Materie prime. Nuove Tecnologie, n. 55, maggio-giugno 1987, n. 34.
(7) Cfr. Staffetta quotidiana petrolifera, 15-6-1987, p. 102.
(8) La criticità di questa situazione si evidenzia maggiormente se si considerano le percentuali di consumo delle diverse fonti, in Italia, nel 1985: petrolio 58,6%, gas naturale l8.8%, carbone 10,8%, idrogeoelettrico 7,2%, elettrico importato 3,6%, nucleare 1%: cfr. Energiaoggi, anno V, n. 150, cit.
(9) In linea teorica è possibile trarre energia da reazioni nucleari attraverso processi di fissione e di fusione. I primi producono energia attraverso la scissione di atomi pesanti — per esempio di uranio e di plutonio — bombardati da neutroni; i secondi attraverso la fusione di atomi leggeri, per esempio di idrogeno e di elio. La fusione nucleare, concettualmente più semplice ma di difficile realizzazione tecnologica, fornirebbe, se riprodotta in modo controllato, energia sicura, pulita e praticamente inesauribile.
(10) Cfr. CARLO RUBBIA e GIUSEPPE BIANCHI, Relazioni alla Conferenza Nazionale sull’Energia, Roma 24/27-2-1987.
(11) Cfr. RAINER STEFANO MASERA, Relazione alla Conferenza Nazionale sull’Energia, Roma 24/27-2-1987.
(12) Cfr. Relazione del gruppo «Economia, energia e sviluppo» alla Conferenza Nazionale sull’Energia, cit., pp. 42 e 57.
(13) Relazione del Comitato istituito dal Ministero della Sanità alla Conferenza Nazionale sull’Energia, Roma 2427-2-1987, tabella I. Si ricorda che gli ossidi di azoto hanno effetti cancerogeni, mentre l’anidride carbonica è ritenuta la maggiore responsabile del cosiddetto «effetto serra», cioè del meccanismo con cui la concentrazione dei diversi gas nell’atmosfera regola la temperatura sulla terra: un’alta concentrazione di anidride carbonica provoca un aumento della temperatura media, il che potrebbe portare in futuro a radicali variazioni climatiche.
(14) Cfr. Staffetta quotidiana petrolifera, 6-4-1987, pp. 14-15.
(15) Cfr. Energia e Materie prime. Nuove Tecnologie, n. 55, cit., p. 35. Si tratta di dati del luglio-agosto 1986.
(16) Cfr. ibid., pp. 33-37. Nel 1982, un pesante intervento del governo italiano porta a rapida conclusione le trattative con l’Algeria e fa finalmente avviare il gasdotto Transmediterraneo, costato all’Italia duemilacinquecento miliardi di lire. Il ministro del Commercio con l’Estero, Nicola Capria, stipula un accordo con la Sonatrach algerina a un prezzo assai superiore a quello massimo di mercato, con la clausola capestro del take or pay, che imponeva il pagamento dei quantitativi stabiliti anche se non ritirati. Il governo italiano sostiene inoltre il prezzo politico riconoscendo alla SNAM un contributo di seicento miliardi di lire, pagabili in tre anni, per compensare i maggiori oneri derivanti dal prezzo pattuito.
(17) Cfr. FERNANDO AMMAN, Relazione alla Conferenza Nazionale sull’Energia, Roma 24/27-2-1987.
(18) La costruzione di quattro centrali a carbone di grande potenza, rispettivamente a Tavazzano, a Piombino, a Cerano e a Gioia Tauro, è stata bloccata negli ultimi mesi.
(19) CARLO RUBBIA con NINO CRESCENTI, Il dilemma nucleare, Sperling & Kupfer, 3a ed., Milano 1987, pp. 127-128.
(20) Cfr. Ore 12, 22-7-1987.
(21) Cfr. Relazione del gruppo «Economia, energia e sviluppo» alla Conferenza Nazionale sull’Energia, cit., appendice 2, p. 17. Su questi dati sono state avanzate molteplici riserve; comunque, anche nell’ipotesi che le centrali nucleari siano più costose, per esempio, di quelle a olio combustibile, si deve osservare che soltanto una piccola parte del capitale impiegato nel primo caso viene spesa per il combustibile e che la parte rimanente viene investita in Italia nella costruzione della centrale stessa.
(22) Cfr. ibid., tabella 2, p. 22 bis.
(23) Il combustibile nucleare è per la maggior parte fornito dai paesi occidentali, che possiedono anche un’alta tecnologia in questo settore. Una scelta nucleare rafforzerebbe quindi i legami occidentali dell’Italia, con conseguente attenuazione dei legami con i paesi socialcomunisti e con certi paesi del Golfo.
(24) Cfr. CISE, Centro Informazioni Studi Esperienze, Elementi di radio-protezione contro le radiazioni ionizzanti, 2a ed., Segrate (MI) 1980.
(25) Relazione del gruppo «Ambiente e sanità» alla Conferenza Nazionale sull’Energia, Roma 24/27-2-1987, p. 2.12.
(26) Secondo le risposte di ENEL, ENEA ed ENEA DISP — Direzione per la Sicurezza Nucleare e la Protezione Sanitaria — al questionario inviato dal ministro Valerio Zanone, un evento catastrofico ha una probabilità annua di 1/100.000.000 cfr. ibid., p. 2.16.
(27) Cfr., per esempio, La Stampa, 18-2-1987, Energia Dossier.
(28) Cfr., per esempio, il Giornale, 23-7-1987.
(29) La radioattività, o attività, di una sostanza è la proprietà di emettere radiazioni corpuscolari o, eventualmente, insieme con queste, radiazioni elettromagnetiche. L’intensità di questa attività diminuisce nel tempo secondo leggi di decadimento caratteristiche delle diverse sostanze.
(30) Cfr. Risposta dell’ENEL al questionario predisposto dal Ministero dell’Industria, Commercio ed Artigianato alla Conferenza Nazionale sull’Energia, Roma 24/27-2-1987, tabella 1. 2e, p. 21.
(31) Sul rispetto dovuto alla natura, cfr. GIOVANNI PAOLO II, Omelia a Primarino di San Pietro di Cadore, del 12-7-1987, in L’Osservatore Romano, 13/14-7-1987. Sulle «ambiguità del moderno processo di liberazione», cfr. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Istruzione su libertà cristiana e liberazione «Libertatis conscientia», del 22-3-1986, capitolo I, passim.
(32) Cfr. FRANCO REVIGLIO, presidente dell’ENI, Promemoria al nuovo governo, in Staffetta quotidiana petrolifera, 27-7-1987, pp. 11-13. In particolare si prevede un rialzo del prezzo del greggio a causa della crisi del Golfo, della diminuzione del petrolio estratto dal Mare del Nord e della difficoltà di reperire nuovi giacimenti negli Stati Uniti.
(33) Cfr. MINISTERI DEL BILANCIO E DEL TESORO, Relazione generale sulla situazione economica del paese, del marzo 1986, in Energia e Materie prime. Nuove Tecnologie, n. 55, cit., pp. 62-68.
(34) Cfr. Risposta dell’ENEL al questionario predisposto dal Ministero dell’Industria, Commercio ed Artigianato alla Conferenza Nazionale sull’Energia, cit.
(35) Cfr. NICOLA MATTEUCCI, La «patacca» antinucleare, in il Giornale, 6-9-1987.
(36) Quale esempio si veda la mozione presentata da alcuni deputati comunisti alla Camera per il blocco del polo carbonifero di Brindisi: cfr. Staffetta quotidiana petrolifera, 27-7-1987, p. 133.