« E disse loro: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno” » (Mc 16,15-18).
Gesù elenca cinque segni che accompagneranno gli annunciatori del Vangelo: 1.« nel mio nome scacceranno demòni »; 2.« parleranno lingue nuove »; 3.« prenderanno in mano serpenti », 4.« se berranno qualche veleno, non recherà loro danno »; 5.« imporranno le mani ai malati e questi guariranno ».
Tutti e cinque questi “segni” possono e debbono essere intesi in senso realistico, come miracoli che sempre accompagneranno gli uomini di Dio. Miracoli che dobbiamo credere possibili anche oggi, se veramente crediamo nel Signore Gesù. In quanto miracoli essi dipendono dalla libera volontà di Dio e quindi, proprio in quanto tali, non possono essere considerati come abituali e necessariamente legati ad ogni nostro atto di annunciatori del Vangelo.
Il miracolo è, per sua natura, una libera interferenza di Dio nel corso abituale e normale delle leggi della natura e negli interventi della “preternatura” (l’agire malefico degli angeli malvagi), quindi è qualcosa di saltuario e indeducibile. Ma questi stessi segni possono essere intesi in senso simbolico (abbiamo già visto che il termine non è sinonimo di soggettivo e non storico). Tutte le volte che io, in comunione con la Chiesa, annuncio la verità del Vangelo scaccio gli spiriti della menzogna e libero tanti fratelli dal loro dominio crudele e vessatorio.
La Verità scaccia l’errore, come la Luce fa fuggire le tenebre. L’annuncio del Vangelo mi fa parlare una lingua nuova, perché è portatore di una novità trascendente. È una lingua che tutti possono capire perché è la lingua dell’amore. Se annuncio la Verità con cuore puro, cioè con intenzioni semplici e buone, senza secondi fini, posso avere a che fare con la malizia e la cattiveria degli uomini, ma non ne debbo avere paura. I loro raggiri e il veleno delle loro parole non mi farà del male.
Annunciare il Vangelo vuol dire guarire gli uomini malati della loro malattia fondamentale e radicale: il peccato. Vuol dire portare conforto e consolazione nei confronti di chi soffre, è solo, è messo da parte, è “scartato”, non è considerato da nessuno. Vuol dire portare il soccorso della verità a chi cerca, è nel dubbio, vaga a tentoni nel desiderio di trovare un punto di riferimento.
Evangelizzare è l’avventura più bella e affascinante che esista; sentiamo come ne parla san Paolo, di cui oggi celebriamo la conversione: « annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo! » (1Cor 9,16)