Marco Invernizzi da Tempi di gennaio 2020
Cattolici e politica: se ne riparla ultimamente, spesso a sproposito. Ne ha scritto invece con profitto il vescovo di Reggio Emilia, monsignor Massimo Camisasca, nel documento I cattolici italiani e la politica uscito per la festa patronale della città, il 24 novembre scorso. Provo a ripercorrerne le tappe. Innanzitutto, una lunga ricostruzione storica per mostrare come il cristianesimo sia la religione dell’incarnazione, e quindi abbia un’attenzione privilegiata per l’uomo, anche nella sua dimensione pubblica. Da qui la riflessione sulle parole di Gesù che hanno una implicazione politica, come per esempio nel caso del celebre «date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio», che fonda la distinzione fra i due poteri, temporale e spirituale, entrando in conflitto con le culture dominanti nell’antichità che al contrario li sovrapponevano. Camisasca si sofferma sull’Editto di Milano con cui nel 313 l’imperatore Costantino introduce il principio della libertà religiosa all’interno dell’impero romano, dichiarando la liceità dell’opera evangelizzatrice della Chiesa.
Dopo la fine delle persecuzioni, il cristianesimo si diffuse in tutti i territori imperiali e divenne la religione ufficiale, senza peraltro mai ritornare alla situazione teocratica precedente il 313. Il cristiano, scrive il vescovo, rifiuta «sia il desiderio di una fuga dal mondo, dichiarato irrimediabilmente corrotto e corruttore, sia l’ottimismo acritico che assume come criterio della propria fede la cultura e i fenomeni sociali del tempo». Con la Riforma e le guerre di religione e con l’Illuminismo del Settecento, la cristianità lasciò il posto all’epoca moderna, dove la fede venne ridotta a esperienza individuale. Fu in questo contesto che, nella seconda metà del XIX secolo, il magistero pontificio fornì ai suoi fedeli una serie di indicazioni su come affrontare le nuove situazioni che si erano prodotte dopo le rivoluzioni e di fronte agli Stati nazionali. Questo sforzo prese il nome di dottrina sociale della Chiesa, che vale ancora oggi come riferimento per l’azione pubblica dei cattolici, perché «è capace di leggere e interpretare analiticamente questo nostro momento storico e le vicende che lo attraversano».
Ed eccoci al tema della presenza dei cattolici nella vita pubblica italiana dopo l’unità: è richiamato il periodo del non expedit e il ruolo dei cattolici intransigenti del periodo dell’Opera dei congressi (1874-1904) per arrivare fino alla nascita del Partito popolare di don Luigi Sturzo, nel 1919. Il testo si sofferma sulla nascita della Dc dopo il ventennio fascista, all’interno della quale operarono le diverse anime del cattolicesimo del periodo, un partito di ispirazione cristiana sostenuto dalla gerarchia, come dimostrazione dell’attenzione che la Chiesa aveva per la nazione italiana dopo che l’unificazione del Risorgimento era avvenuta «attraverso un’emarginazione di quel legame fra fede cattolica e identità nazionale che aveva costituito la storia e l’anima più profonda e più condivisa del Paese fin dal medioevo». Un cenno viene anche riservato alla fine della Dc dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989, che lascia un vuoto colmato durante il pontificato di san Giovanni Paolo II e dall’opera del cardinale Camillo Ruini. Ruini lancerà un progetto culturale ispirato alla “nuova evangelizzazione” che cercherà di aggregare le forze sui «temi fondamentali della vita, del lavoro, della dignità umana, della famiglia». Tuttavia, rileva Camisasca, questo lavoro non ha prodotto l’effetto sperato di fare nascere espressioni politiche conseguenti.
Si giunge così al pontificato di Francesco, che sollecita i cattolici a impegnarsi nella vita pubblica per il bene comune e in questa prospettiva il vescovo conclude il suo intervento con una serie di proposte, anzitutto rivolte alla sua diocesi ma valide per ogni cattolico italiano, che vorrebbero partire dal radunare «i politici credenti per parlare della fede».
Sarà possibile ritrovare un’unità di intenti attorno al Compendio della dottrina sociale della Chiesa, il testo elaborato dal Pontificio consiglio della giustizia e della pace nel 2004, a cui Camisasca fa riferimento? Vedremo. Intanto usiamo questo documento, leggiamolo e studiamolo, e facciamolo conoscere, avviando intorno a esso, dove possibile, degli incontri pubblici fra le diverse realtà del mondo cattolico.