Da Avvenire del 31/01/2020
Il Papa torna a insistere sulla necessità che il percorso di fine vita dei pazienti in condizioni particolarmente gravi venga umanizzato con cure palliative e hospice adeguati a una necessità in rapida crescita e oggi coperta solo in minima parte. Lo fa in un discorso rivolto, ieri, alla plenaria della Congregazione per la dottrina della fede che si sta occupando proprio delle questioni aperte nel percorso terminale della vita.
Francesco assume come base della sua riflessione la constatazione di un problema evidente. «Il contesto socio-culturale attuale – riflette il Santo Padre – sta progressivamente erodendo la consapevolezza riguardo a ciò che rende preziosa la vita umana. Essa, infatti, sempre più spesso viene valutata in ragione della sua efficienza e utilità, al punto da considerare “vite scartate” o “vite indegne” quelle che non rispondono a tale criterio». È vero però che «una società merita la qualifica di “civile” se sviluppa gli anticorpi contro la cultura dello scarto; se riconosce il valore intangibile della vita umana; se la solidarietà è fattivamente praticata e salvaguardata come fondamento della convivenza». Per questo Francesco pensa «a quanto bene fanno gli hospice per le cure palliative, dove i malati terminali vengono accompagnati con un qualificato sostegno medico, psicologico e spirituale, perché possano vivere con dignità, confortati dalla vicinanza delle persone care, la fase finale della loro vita terrena. Auspico – aggiunge – che tali centri continuino a essere luoghi nei quali si pratichi con impegno la “terapia della dignità”, alimentando così l’amore e il rispetto per la vita».
Alla Chiesa spetta «il compito di riscrivere la “grammatica” del farsi carico e del prendersi cura della persona sofferente», in particolare «nelle fasi critiche e terminali della vita». Occorre creare «attorno al malato piattaforma umana di relazioni che, mentre favoriscono la cura medica, aprano alla speranza, specialmente in quelle situazioni-limite in cui il male fisico si accompagna allo sconforto emotivo e all’angoscia spirituale». Si comincia dal «convertire lo sguardo del cuore, perché molte volte chi guarda non vede. Perché? Perché manca la compassione». È una questione di «approccio relazionale – e non meramente clinico – con il malato, considerato nella unicità e integralità della sua persona», che «impone il dovere di non abbandonare mai nessuno in presenza di mali inguaribili. La vita umana, a motivo della sua destinazione eterna – osserva infatti il Papa –, conserva tutto il suo valore e tutta la sua dignità in qualsiasi condizione, anche di precarietà e fragilità, e come tale è sempre degna della massima considerazione».
Lodando infine «lo studio da voi intrapreso circa la revisione delle norme sui delicta graviora riservati al vostro Dicastero » il Papa ha esortato all’impegno in «un ambito in cui la Chiesa è direttamente coinvolta a procedere con rigore e trasparenza nel tutelare la santità dei Sacramenti e la dignità umana violata, specialmente dei piccoli». Un lavoro che «si colloca nella giusta direzione di aggiornare la normativa in vista di una maggiore efficacia delle procedure, per renderla più ordinata e organica, alla luce delle nuove situazioni e problematiche dell’attuale contesto socio-culturale»
Nuovo intervento di Francesco sui temi del fine vita. «Una società è civile se riconosce il valore intangibile della vita umana». E sui «delicta graviora» chiede «rigore e trasparenza nel tutelare la santità dei Sacramenti e la dignità umana violata, specialmente dei piccoli»