Di Michele Brambilla
All’Angelus di domenica 15 marzo Papa Francesco elogia l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, di cui è stata appena trasmessa la Messa in diretta televisiva: «in questo momento sta finendo a Milano la Messa che il Signor Arcivescovo celebra nel Policlinico per gli ammalati, i medici, gli infermieri, i volontari. Il Signor Arcivescovo è vicino al suo popolo e anche vicino a Dio nella preghiera. Mi viene in mente la fotografia della settimana scorsa». L’istantanea ha colpito anche il Pontefice: «lui da solo sul tetto del Duomo a pregare la Madonna» per tutta la città contagiata dal coronavirus. Vi legge un esempio di quella creatività che Francesco ha più volte suggerito ai sacerdoti in queste settimane di quarantena: «sacerdoti che pensano mille modi di essere vicino al popolo, perché il popolo non si senta abbandonato; sacerdoti con lo zelo apostolico, che hanno capito bene che in tempi di pandemia non si deve fare il “don Abbondio”. Grazie tante a voi sacerdoti».
Il popolo italiano ha sete di modelli di dedizione autentica, vuole vedere all’opera la carità di Dio attraverso la Sua Chiesa. Ha sete, in definitiva, di Dio stesso. È la stessa sete della samaritana, che nel Vangelo del giorno (cfr. Gv 4,5-42) secondo la liturgia romana, letto nel rito ambrosiano la domenica precedente, viene interpellata da Gesù presso il pozzo di Giacobbe a Sichem. Come ricorda il Papa, «Gesù è stanco, ha sete. Arriva una donna a prendere acqua e lui le chiede: “Dammi da bere” (Gv 4,7). Così, rompendo ogni barriera» politico-religiosa che vigeva tra Samaritani e Giudei, «comincia un dialogo in cui» il Signore «svela a quella donna il mistero dell’acqua viva, cioè dello Spirito Santo, dono di Dio».
Al centro del brano giovanneo c’è proprio l’acqua nella sua duplice accezione: «Da una parte, l’acqua come elemento essenziale per vivere, che appaga la sete del corpo e sostiene la vita. Dall’altra, l’acqua come simbolo della grazia divina, che dà la vita eterna». Israele aveva già provato questa sete nel deserto: «nel lungo cammino verso la libertà, esso, arso dalla sete, protesta contro Mosè e contro Dio perché non c’è acqua». Anche gli italiani si chiedono spesso dove sia Dio nel dramma che stanno vivendo, per certi versi paragonabile ad una lunga traversata nel deserto. «Allora, per volere di Dio, Mosè fa scaturire l’acqua da una roccia, come segno della provvidenza di Dio che accompagna il suo popolo e gli dà la vita (cfr. Es 17,1-7)».
La roccia, afferma il Papa richiamando san Paolo (cfr. 1 Cor 10,4), è simbolo di Cristo stesso, da cui scaturiscono i sacramenti: «Uniti a Cristo non siamo mai soli, ma formiamo un unico Corpo, di cui Lui è il Capo. È un’unione che si alimenta con la preghiera, e anche con la comunione spirituale all’Eucaristia, una pratica molto raccomandata quando non è possibile ricevere il Sacramento. Questo lo dico per tutti, specialmente per le persone che vivono sole». Il dono di Cristo «è anche la fonte della testimonianza» da rendere a tutti gli uomini nella misura del possibile. Conclude il Santo Padre: «Maria Santissima ci aiuti a coltivare il desiderio del Cristo, fonte di acqua viva, l’unico che può saziare la sete di vita e di amore che portiamo nel cuore».
Lunedì, 16 marzo2020