di Michele Brambilla
Papa Francesco recita il Regina Coeli del 26 aprile mentre lo sguardo dell’Italia e di molti altri Paesi europei colpiti dal coronavirus si proietta verso una graduale riapertura delle attività. Il Pontefice accompagna questo anelito crescente rileggendo «il Vangelo di oggi», III domenica di Pasqua, che è «ambientato nel giorno di Pasqua» e «racconta l’episodio dei due discepoli di Emmaus (cfr Lc 24,13-35)».
È una vicenda, ricorda il Santo Padre, «[…] che inizia e finisce in cammino. C’è infatti il viaggio di andata dei discepoli che, tristi per l’epilogo della vicenda di Gesù, lasciano Gerusalemme e tornano a casa, a Emmaus, camminando per circa undici chilometri». Lungo il cammino incontrano Gesù risorto, che inizia a conversare con loro, ma non riescono a riconoscerlo fino a che Egli non prende del pane e lo spezza così come aveva fatto durante l’Ultima Cena. Inizia allora un secondo viaggio, da Emmaus a Gerusalemme: «due viaggi: uno agevole di giorno e l’altro faticoso di notte. Eppure il primo avviene nella tristezza, il secondo nella gioia. Nel primo c’è il Signore che cammina al loro fianco, ma non lo riconoscono; nel secondo non lo vedono più, ma lo sentono vicino. Nel primo sono sconfortati e senza speranza; nel secondo corrono a portare agli altri la bella notizia dell’incontro con Gesù Risorto».
Il Santo Padre comprende che «i due cammini diversi di quei primi discepoli dicono a noi, discepoli di Gesù oggi, che nella vita abbiamo davanti due direzioni opposte: c’è la via di chi, come quei due all’andata, si lascia paralizzare dalle delusioni della vita e va avanti triste; e c’è la via di chi non mette al primo posto sé stesso e i suoi problemi, ma Gesù che ci visita, e i fratelli che attendono la sua visita, cioè i fratelli che attendono che noi ci prendiamo cura di loro». L’uomo postmoderno è spesso prigioniero del proprio ego, ma «ecco la svolta: smettere di orbitare attorno al proprio io, alle delusioni del passato, agli ideali non realizzati, a tante cose brutte che sono accadute nella propria vita. Tante volte», osserva il Papa, «noi siamo portati a orbitare, orbitare… Lasciare quello e andare avanti guardando alla realtà più grande e vera della vita: Gesù è vivo, Gesù mi ama».
«L’inversione di marcia», ripete Francesco, «è questa: passare dai pensieri sul mio io alla realtà del mio Dio; passare – con un altro gioco di parole – dai “se” al “sì”». Con il “se”, infatti, introduciamo volentieri le nostre lamentele personali: è ora, invece, di dire chiaramente il nostro “si” al Signore, come fecero i due discepoli di Emmaus e, soprattutto, la Madonna. «Tra pochi giorni», rammenta il Pontefice, «inizierà il mese di maggio, dedicato in modo particolare alla Vergine Maria. Con una breve Lettera – pubblicata ieri – ho invitato tutti i fedeli a pregare in questo mese il santo Rosario, insieme, in famiglia o da soli, e pregare una delle due preghiere che ho messo a disposizione di tutti. La nostra Madre ci aiuterà ad affrontare con più fede e speranza il tempo di prova che stiamo attraversando». Giusto il 1 maggio avverrà la consacrazione dell’Italia al Cuore immacolato di Maria dal santuario lombardo di Caravaggio. Il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia e presidente della Conferenza Episcopale Italiana, asserisce di aver ricevuto centinaia di lettere che la sollecitavano. Come scrive la stessa CEI, «il luogo, Caravaggio, situato nella diocesi di Cremona e provincia di Bergamo, racchiude in sé la sofferenza e il dolore vissuti in una terra duramente provata dall’emergenza sanitaria».
Lunedì, 27 aprile 2020