di Michele Brambilla
L’udienza generale di Papa Francesco del 27 maggio è dedicata alla preghiera di coloro che la Scrittura chiama «i giusti». «Il disegno di Dio nei confronti dell’umanità è buono», ma, constata dolorosamente il Pontefice, «nella nostra vicenda quotidiana sperimentiamo la presenza del male: è un’esperienza di tutti i giorni». In particolare «i primi capitoli del libro della Genesi descrivono il progressivo dilatarsi del peccato nelle vicende umane» a partire dai nostri stessi progenitori. «Adamo ed Eva (cfr Gen 3,1-7) dubitano», infatti, «delle intenzioni benevole di Dio, pensando di avere a che fare con una divinità invidiosa, che impedisce la loro felicità», e si consegnano mani e piedi al tentatore.
«Il male», afferma il Papa ripercorrendo il libro della Genesi, «diventa ancora più dirompente con la seconda generazione umana, è più forte: è la vicenda di Caino e Abele (cfr Gen 4,1-16). Caino è invidioso del fratello: c’è il verme dell’invidia; pur essendo lui il primogenito, vede Abele come un rivale, uno che insidia il suo primato», e lo uccide. «Nella discendenza di Caino si sviluppano i mestieri e le arti, ma si sviluppa anche la violenza»: è l’uso perverso dell’ingegno umano che si può constatare anche ai giorni nostri.
Nella Genesi, però, il progredire del peccato incontra un ostacolo insormontabile: le anime dei giusti. Il Santo Padre rincuora, in proposito, i fedeli: «se anche quasi tutti si comportano in maniera efferata, facendo dell’odio e della conquista il grande motore della vicenda umana, ci sono persone capaci di pregare Dio con sincerità, capaci di scrivere in modo diverso il destino dell’uomo». Il Papa li elenca e li elogia: «Abele offre a Dio un sacrificio di primizie. Dopo la sua morte, Adamo ed Eva ebbero un terzo figlio, Set, da cui nacque Enos (che significa “mortale”), e si dice: “A quel tempo si cominciò a invocare il nome del Signore” (Gn 4, 26). Poi compare Enoc, personaggio che “cammina con Dio” e che viene rapito al cielo (Gn 5, 22-24). E infine c’è la storia di Noè, uomo giusto che “camminava con Dio” (Gn 6, 9), davanti al quale Dio trattiene il suo proposito di cancellare l’umanità (Gn 6, 7-8)». I malvagi periscono tra le acque del diluvio universale, mentre la famiglia di Noè trova rifugio sull’arca e diventa il seme della nuova umanità.
«Leggendo questi racconti», osserva il Pontefice, «si ha l’impressione che la preghiera sia l’argine, sia il rifugio dell’uomo davanti all’onda di piena del male che cresce nel mondo. A ben vedere, preghiamo anche per essere salvati da noi stessi», dal nostro egoismo: «gli oranti delle prime pagine della Bibbia sono uomini operatori di pace: infatti, la preghiera, quando è autentica, libera dagli istinti di violenza ed è uno sguardo rivolto a Dio, perché torni Lui a prendersi cura del cuore dell’uomo» come solo Lui sa fare. «Ecco perché la signoria di Dio transita nella catena di questi uomini e donne, spesso incompresi o emarginati nel mondo. Ma il mondo», rammenta Francesco, «vive e cresce grazie alla forza di Dio che questi suoi servitori attirano con la loro preghiera». E fa un esempio concreto: «ricordo la storia di un uomo: un capo di governo, importante, non di questo tempo, dei tempi passati», di cui però non rivela il nome. «Un ateo che non aveva senso religioso nel cuore, ma da bambino sentiva la nonna che pregava, e ciò è rimasto nel suo cuore», riportandolo dopo molti anni alla fede cattolica.
Giovedì, 28 maggio 2020