Di Marco Gervasoni da il Giornale del 05/06/2020
Se qualche buontempone durante una discussione vi accusasse di essere «reazionario» non negate sdegnati e anzi rilanciate, magari in francese, «Oui je suis un réac (tionnaire)».
Non si tratta di un insulto e vi trovereste in compagnia non solo di persone degnissime del passato (e del presente) ma di scrittori e pensatori di primissimo livello. Senza poterli citare tutti, limitiamoci a quelli degli anni della fondazione, tra Rivoluzione, Impero e Restaurazione: Joseph de Maistre (un po’ italiano, visto che era suddito del Regno di Sardegna, benché scrivesse in francese), uno dei più importanti pensatori politici di ogni tempo, il sublime prosatore François-René de Chateaubriand; il poeta tedesco Novalis, il visionario Pierre-Simon Ballanche, il giovane Félicité de Lamennais, il prussiano Friederich von Gentz, lo svizzero Karl-Ludwig von Haller e pure gli italiani Monaldo Leopardi e Luigi Taparelli d’Azeglio…
E ovviamente il visconte Louis de Bonald (Millau, 1754 – Millau, 1840) del quale oggi disponiamo in edizione italiana Le leggi naturali dell’ordine sociale, sottotitolo: «Sovranità, governanti e governati» a cura di Oscar Sanguinetti con un utile invito alla lettura di Mauro Ronco (D’Ettoris, pagg. 216, 28,50 euro): è una delle sue prime opere, e una delle fondamentali, pubblicata nel 1800. Di tutta la compagnia dei fondatori del pensiero conservatore («reazionario» infatti è un termine polemico, in cui né l’autore né De Maistre e gli altri si riconoscevano) Bonald è stato certamente il più sistematico, anche a costo di una certa algidità e di un certo dogmatismo, ma anche il più politico nel senso moderno del termine: nella modernità infatti la politica scaturisce dalla società e Bonald è considerato in qualche sorta il fondatore della sociologia. Per il Visconte, è Dio il regolatore dell’ordine sociale che per questo si regge secondo leggi adeguate alla natura umana. La società è un tutto organico che il politico, cioè il sovrano legittimato da Dio, deve preservare. Togliete Dio e avrete la stessa visione della politica e della società di un Henri de Saint Simon, che infatti non nascondeva di essere stato influenzato da Bonald: un pensatore, Saint-Simon, oggi considerato assai attuale, visto che teorizzava un nuovo ordine guidato della tecnica. Così come bonaldiano si classificava il fondatore della sociologia e segretario di Saint-Simon, Auguste Comte. Per essere reazionari, questi autori appaiono piuttosto più «avanti» degli altri, non fosse che se accettassimo l’idea del progresso saremmo i primi a tradire il loro insegnamento.
Il libro Le leggi naturali dell’ordine sociale allora va letto per almeno due ragioni: uno, come esempio di reazione a qualcosa che era considerato ineluttabile, cioè la Rivoluzione e l’Impero. Diversamente dalla vulgata, Bonald, come del resto de Maistre, non pensa che si possa tornare indietro, all’Ancien regime. Crede però che nel nuovo ordine si debbano conservare i fondamenti della natura umana e dell’ordine sociale (eterni perché dettati da Dio) e che ci si debba battere per questo, magari utilizzando quegli strumenti e quelle istituzioni che il nuovo ordine ha creato. La seconda ragione per cui leggere questo libro è perché ci fa capire come la politica debba servire alla società ma possa farlo solo obbedendo a un ordine naturale, nel senso aristotelico-tomista della legge naturale: ogni volta che si cerca di forzarlo e di uscire dall’ordine naturale, il disastro è dietro l’angolo.
E Bonald, che visse tanto a lungo da vedere il Terrore e l’Impero cadere ma anche finire il regime della Restaurazione con una nuova Rivoluzione nel 1830, nelle sue opere l’aveva compreso perfettamente.
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