Il Papa inaugura un nuovo ciclo di udienze generali, che intende offrire una lettura sistematica della crisi socio-economica attuale, figlia dell’emergenza sanitaria, alla luce degli strumenti che mette a disposizione la tradizione ecclesiale.
di Michele Brambilla
Riprendendo il 5 agosto le udienze generali dopo la pausa estiva, Papa Francesco denuncia che «la pandemia sta continuando a causare ferite profonde, smascherando le nostre vulnerabilità» individuali e collettive: «molti sono i defunti, moltissimi i malati, in tutti i continenti. Tante persone e tante famiglie vivono un tempo di incertezza, a causa dei problemi socio-economici, che colpiscono specialmente i più poveri», pertanto «nelle prossime settimane, vi invito ad affrontare insieme le questioni pressanti che la pandemia ha messo in rilievo, soprattutto le malattie sociali. E lo faremo», precisa, «alla luce del Vangelo, delle virtù teologali e dei principi della dottrina sociale della Chiesa. Esploreremo insieme come la nostra tradizione sociale cattolica può aiutare la famiglia umana a guarire questo mondo che soffre di gravi malattie».
Il Pontefice accenna anche alle ore drammatiche che sta vivendo il Libano dopo le due fortissime esplosioni avvenute a Beirut nel pomeriggio del 4 agosto: «preghiamo per le vittime e per i loro familiari; e preghiamo per il Libano, perché, con l’impegno di tutte le sue componenti sociali, politiche e religiose, possa affrontare questo momento così tragico e doloroso e, con l’aiuto della comunità internazionale, superare la grave crisi che sta attraversando».
La risposta della Chiesa ai problemi dell’uomo è globale, parte sempre dal rapporto con Dio per arrivare, poi, alla trattazione delle causae secundae. «Per questo», puntualizza il Papa, «dobbiamo tenere ben fermo il nostro sguardo su Gesù (cfr Eb 12,2) e con questa fede abbracciare la speranza del Regno di Dio che Gesù stesso ci porta (cfr Mc 1,5; Mt 4,17; CCC, 2816). Un Regno di guarigione e di salvezza che è già presente in mezzo a noi (cfr Lc 10,11). Un Regno di giustizia e di pace che si manifesta», sottolinea Francesco, «con opere di carità, che a loro volta accrescono la speranza e rafforzano la fede (cfr 1 Cor 13,13)».
«Nella tradizione cristiana», avverte il Santo Padre, «fede, speranza e carità sono molto più che sentimenti o atteggiamenti. Sono virtù infuse in noi dalla grazia dello Spirito Santo (cfr CCC, 1812-1813): doni che ci guariscono e che ci rendono guaritori, doni che ci aprono a orizzonti nuovi, anche mentre navighiamo nelle difficili acque del nostro tempo». Il Pontefice cita in proposito l’episodio evangelico della guarigione del paralitico di Cafarnao nella versione che ne dà san Marco (cfr Mc 2,1-12). Quattro uomini calarono il loro amico malato nella casa in cui Cristo stava predicando e «Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: “Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati”» (Mc 2,5), dimostrando così che nell’uomo anima e corpo sono inseparabili. Il Papa commenta: «che meraviglioso esempio di guarigione! L’azione di Cristo è una diretta risposta alla fede di quelle persone, alla speranza che ripongono in Lui, all’amore che dimostrano di avere gli uni per gli altri. E quindi Gesù guarisce, ma non guarisce semplicemente la paralisi, guarisce tutto, perdona i peccati, rinnova la vita del paralitico e dei suoi amici».
La pandemia ci invita, quindi, a mettere in discussione la nostra antropologia secolarizzata, che separa ciò che deve rimanere unito.
Giovedì, 06 agosto 2020