Sballottata dai marosi della storia, emerge sempre vincitrice, sorretta dal suo Signore.
di Michele Brambilla
Il 9 agosto, XIX domenica del Tempo ordinario, Papa Francesco recita come sempre l’Angelus dalle finestre del Palazzo apostolico. «Il brano evangelico di questa domenica (cfr Mt 14,22-33)», spiega il Santo Padre, «narra di Gesù che cammina sulle acque del lago in tempesta. Dopo aver sfamato le folle con cinque pani e due pesci – come abbiamo visto domenica scorsa –, Gesù ordina ai discepoli di salire sulla barca e ritornare all’altra riva. Lui congeda la gente e poi sale sulla collina, da solo, a pregare. Si immerge nella comunione con il Padre».
Nel frattempo, «durante la traversata notturna del lago, la barca dei discepoli rimane bloccata da un’improvvisa tempesta di vento. Questo», assicura il Papa, «è abituale, sul lago» di Tiberiade. Gesù, dopo aver pregato, raggiunge i discepoli camminando sulle acque. «Pietro allora – Pietro, che era così deciso – risponde: “Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque”. Una sfida», sembra. «E Gesù gli dice: “Vieni!”. Pietro scende» allora «dalla barca e fa alcuni passi; poi il vento e le onde lo spaventano e comincia ad affondare», tanto che Cristo deve afferrarlo per un braccio e rimproverarlo: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».
C’è quindi una lezione da imparare, che vale sia per Pietro, sia per il discepolo ordinario: «questo racconto è un invito ad abbandonarci con fiducia a Dio in ogni momento della nostra vita, specialmente nel momento della prova e del turbamento. Quando sentiamo forte il dubbio e la paura ci sembra di affondare, nei momenti difficili della vita, dove tutto diventa buio, non dobbiamo vergognarci di gridare, come Pietro: “Signore, salvami!” (Mt 14,30)». Il Papa, successore dell’apostolo san Pietro, fa ripetere più volte questa preghiera alla gente in piazza. Esorta, infatti: «possiamo ripeterla tante volte: “Signore, salvami!”. E il gesto di Gesù, che subito tende la sua mano e afferra quella del suo amico, va contemplato a lungo: Gesù è questo, Gesù fa questo, Gesù è la mano del Padre che mai ci abbandona; la mano forte e fedele del Padre, che vuole sempre e solo il nostro bene». Dio non cerca il rumore, il gesto clamoroso, perché il vero miracolo è questo sostegno costante e indefettibile.
Come ricorda l’intera esegesi cattolica, «la barca in balia della tempesta è immagine della Chiesa, che in ogni epoca incontra venti contrari, a volte prove molto dure: pensiamo a certe lunghe e accanite persecuzioni del secolo scorso, e anche oggi, in alcune parti». Chi, preso dallo scoraggiamento o rattristato dagli scandali, prova ad abbandonare il vascello della Chiesa scopre che al di fuori non c’è salvezza, non c’è vita, ma può sempre appellarsi alla misericordia del Signore, il quale è sempre pronto a rialzare il peccatore come ha fatto con l’apostolo.
«In questi giorni», confida Francesco, «il mio pensiero ritorna spesso al Libano» perché «la catastrofe di martedì scorso chiama tutti, a partire dai Libanesi, a collaborare per il bene comune di questo amato Paese», di cui rammenta le peculiarità e la storia tormentata. Il 9 agosto è anche l’anniversario della seconda bomba atomica sganciata dagli americani sul Giappone al termine della Seconda guerra mondiale (6-9 agosto 1945): «[…] rinnovo l’invito a pregare e a impegnarsi per un mondo totalmente libero da armi nucleari». Il Papa menziona anche il «Tour de Pologne», gara ciclistica internazionale quest’anno specificamente dedicata al centenario della nascita di san Giovanni Paolo II (1920-2005).
Lunedì, 10 agosto 2020