La pandemia, secondo il Papa, ha mostrato tutti i limiti dell’antropologia contemporanea, contrassegnata dall’individualismo e dall’indifferenza. Solo il Cattolicesimo difende la dignità umana nella sua completezza. E al termine dell’Udienza ricorda il centesimo anniversario della vittoria polacca sull’Armata Rossa, il “Miracolo della Vistola” del 15 agosto 1920.
di Michele Brambilla
Aprendo l’udienza generale del 12 agosto, Papa Francesco evidenzia che «la pandemia ha messo in risalto quanto siamo tutti vulnerabili e interconnessi. Se non ci prendiamo cura l’uno dell’altro, a partire dagli ultimi, da coloro che sono maggiormente colpiti, incluso il creato, non possiamo guarire il mondo».
Al giorno d’oggi si insiste molto sulla parola “inclusione”, ma l’antropologia secolarizzata è in grado di avere uno sguardo che abbracci davvero tutti i fattori in gioco? Sembrerebbe di no: il Papa loda ancora una volta lo sforzo profuso a livello planetario per contenere l’epidemia da Covid-19, «tuttavia, il coronavirus non è l’unica malattia da combattere, ma la pandemia ha portato alla luce patologie sociali più ampie. Una di queste è la visione distorta della persona, uno sguardo che ignora la sua dignità e il suo carattere relazionale. A volte», infatti, «guardiamo gli altri come oggetti, da usare e scartare». «[…] questo tipo di sguardo», denuncia il Pontefice, «acceca e fomenta una cultura dello scarto individualistica e aggressiva, che trasforma l’essere umano in un bene di consumo».
Nonostante la cultura contemporanea sia contrassegnata da un egualitarismo radicale, dominano individualismo e indifferenza: «nella luce della fede sappiamo, invece, che Dio guarda all’uomo e alla donna in un altro modo. Egli ci ha creati non come oggetti, ma come persone amate e capaci di amare; ci ha creati a sua immagine e somiglianza (cfr Gen 1,27). In questo modo ci ha donato una dignità unica». Come ricorda il Papa, «la creazione è un’armonia nella quale siamo chiamati a vivere. E in questa comunione, in questa armonia che è comunione, Dio ci dona la capacità di procreare e di custodire la vita (cfr Gen 1,28-29), di lavorare e prenderci cura della terra (cfr Gen 2,15; Laudato Si, 67). Si capisce che non si può procreare e custodire la vita senza armonia» con Dio, i fratelli e il creato. Chi perde la fede, perde contemporaneamente il significato dell’esistenza e vive male persino il rapporto con gli oggetti inanimati.
«Chiediamo, dunque, al Signore di darci occhi attenti ai fratelli e alle sorelle, specialmente a quelli che soffrono. […] Vogliamo riconoscere in ogni persona, qualunque sia la sua razza, lingua o condizione, la dignità umana» impressa da Dio. Il Santo Padre ribadisce che «il Concilio Vaticano II sottolinea che questa dignità è inalienabile, perché “è stata creata a immagine di Dio” (Cost. past. Gaudium et spes, 12). Essa sta a fondamento di tutta la vita sociale e ne determina i principi operativi».
Francesco ammonisce: «mentre tutti noi lavoriamo per la cura da un virus che colpisce tutti in maniera indistinta, la fede ci esorta a impegnarci seriamente e attivamente per contrastare l’indifferenza davanti alle violazioni della dignità umana. […] La fede sempre esige di lasciarci guarire e convertire dal nostro individualismo», che può essere anche “di gruppo”, per aprirci alle esigenze del fratello e dell’intera comunità umana.
Giovedì, 13 agosto 2020