di Stefano Nitoglia dal Centro Studi “Rosario Livatino” del 28/09/2020
Dal documento della Congregazione del Culto Divino e della disciplina dei sacramenti, guidata dal Card. Robert Sarah, l’esortazione al rispetto dell’autonomia della Chiesa in materia liturgica, nonostante la pandemia
1. Torniamo con gioia all’eucarestia!: è il titolo del documento della Congregazione del Culto Divino e della disciplina dei sacramenti, curato dal prefetto della Congregazione Card. Robert Sarah, approvato da Papa Francesco, che ha posto punti fermi su gravi problemi in tema di libertas ecclesiae, di libertà religiosa e di pensiero emersi al culmine dell’emergenza Covid 19.
Ricordiamo tutti le disposizioni del Governo, molte di carattere amministrativo, che hanno limitato la libertà e l’autonomia della Chiesa in materia liturgica e sacramentale, insieme col diritto dei fedeli all’amministrazione dei sacramenti e alla partecipazione agli atti di culto. In materia si sono succedute diverse norme, tra d.l., d.p.c.m. e circolari:
- il d.l. 23 febbraio 2020 n. 6 ha previsto in termini generali misure di contenimento contro la diffusione del contagio e rinviato per la loro specificazione ad amministrativi del Governo;
- fra questi, il d.p.c.m. 8 marzo 2020, all’art. 2 al co. 1 lett. v, ha disposto che “l’apertura dei luoghi di culto è condizionata all’adozione di misure organizzative tali da evitare assembramenti di persone, tenendo conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei luoghi, e tali da garantire ai frequenta-tori la possibilità di rispettare la distanza tra loro di almeno un metro di cui all’allegato 1, lettera d). Sono sospese le cerimonie civili e religiose, ivi comprese quelle funebri”;
- il d.l. 25 marzo 2020 n. 19 ha ribadito la sospensione delle cerimonie civili e religiose con l’aggiunta della possibilità di “limitazione dell’ingresso nei luoghi destinati al culto”, non contemplata dal d.p.c.m. 8 marzo 2020;
- la circolare 27 marzo 2020 del Dipartimento per le libertà civili e dell’immigrazione del Ministero dell’Interno (c.d. circolare Di Bari, dal nome del prefetto che l’ha emanata), ha stabilito che non rientravano nel divieto normativo “le celebrazioni liturgiche senza il concorso dei fedeli e limitate ai soli celebranti ed agli accoliti necessari per l’ officiatura del rito”. Per la Settimana Santa ha addirittura precisato nel dettaglio il numero e le funzioni dei partecipanti “limitato ai celebranti, al diacono, al lettore, all’organista, al cantore ed agli operatori per la trasmissione”;
- il 10 aprile 2020 un nuovo d.p.c.m. all’art. 1 co. 1 lett. i ha ripreso letteralmente quanto stabilito nel primo d.p.c.m. sull’apertura condizionata dei luoghi di culto e la sospensione delle cerimonie civili e religiose;
- infine il d.p.c.m. 26 aprile 2020, all’art. 1 co. 1 lett. i), dopo aver ribadito che “l’apertura dei luoghi di culto è condizionata all’adozione di misure organizzative tali da evitare assembramenti di persone, tenendo conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei luoghi, e tali da garantire ai frequentatori la possibilità di rispettare la distanza tra loro di almeno un metro”, ha conferma la sospensione delle cerimonie religiose, con la sola esclusione di quelle funebri (e a condizione per queste che vi partecipino non più di 15 “congiunti”, con mascherine e distanziati).
Queste disposizioni hanno provocato la reazione di costituzionalisti, e di giuristi anche di formazione laica, i quali hanno sostenuto che queste norme hanno violato il regime concordatario che assicura la libertà e l’indipendenza della Chiesa in materia liturgica e il diritto dei fedeli alla fruizione dei sacramenti e alla libertà di religione.
2. Torniamo con gioia all’Eucaristia! dà conferma a questi timori. Il documento ha la forma di Lettera ai presidenti delle Conferenze episcopali sulla celebrazione della liturgia durante e dopo la pandemia del covid-19, reca la data del 15 agosto 2020 Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, ed è stato approvato dal Santo Padre nell’udienza concessa il 3 settembre 2020 al Card. Sarah, ordinandone la pubblicazione e l’invio ai presidenti delle Conferenze episcopali di tutto il mondo alla data del 12 settembre 2020.
“La pandemia dovuta al virus Covid 19 – inizia il documento – ha prodotto stravolgimenti non solo nelle dinamiche sociali, familiari, economiche, formative e lavorative, ma anche nella vita della comunità cristiana, compresa la dimensione liturgica”. Il rigido distanziamento sociale dovuto al contenimento della pandemia ha avuto ripercussione su un tratto fondamentale della vita cristiana: quello della dimensione comunitaria. “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18, 20); “Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune” (At 2, 42-44). “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18, 20); “Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune” (At 2, 42-44).
“La dimensione comunitaria – precisa la Lettera – ha un significato teologico: Dio è relazione di Persone nella Trinità Santissima; crea l’uomo nella complementarietà relazionale tra maschio e femmina perché «non è bene che l’uomo sia solo” (Gn 2, 18), si pone in rapporto con l’uomo e la donna e li chiama a loro volta alla relazione con Lui: come bene intuì sant’Agostino, il nostro cuore è inquieto finché non trova Dio e non riposa in Lui (cfr. Confessioni, I, 1). Il Signore Gesù iniziò il suo ministero pubblico chiamando a sé un gruppo di discepoli perché condividessero con lui la vita e l’annuncio del Regno; da questo piccolo gregge nasce la Chiesa (…) Mentre i pagani costruivano templi dedicati alla sola divinità, ai quali le persone non avevano accesso, i cristiani, appena godettero della libertà di culto, subito edificarono luoghi che fossero domus ‘Dei et domus ecclesiae’, dove i fedeli potessero riconoscersi come comunità di Dio, popolo convocato per il culto e costituito in assemblea santa”.
3. Di qui, un forte appello: tornare al più presto alla normalità. “Non appena (…) le circostanze lo consentono, è necessario e urgente tornare alla normalità della vita cristiana, che ha l’edificio chiesa come casa e la celebrazione della liturgia, particolarmente dell’Eucaristia, come «il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e insieme la fonte da cui promana tutta la sua forza” (Sacrosanctum Concilium, 10).
Accettata la lontananza dall’altare del Signore come una prova, un tempo di digiuno eucaristico, utile a farcene riscoprire l’importanza vitale, la bellezza e la preziosità incommensurabile, “appena possibile però, occorre tornare all’Eucaristia con il cuore purificato, con uno stupore rinnovato, con un accresciuto desiderio di incontrare il Signore, di stare con lui, di riceverlo per portarlo ai fratelli con la testimonianza di una vita piena di fede, di amore e di speranza”.
Ancora più forte è il richiamo alla impossibilità per i cristiani di vivere senza la celebrazione dell’eucarestia, senza “la Domenica”, che portò i martiri di Abitene (inizi del IV secolo) a resistere all’autorità civile e a “rispondere ai loro giudici con serena determinazione, pur di fronte a una sicura condanna a morte: ‘Sine Dominico non possumus’”.
Nel periodo di più forte pandemia si è cercato di supplire alla celebrazione comunitaria dell’eucarestia con i moderni mezzi di comunicazione. Ma questo non basta, anzi è pericoloso:“Per quanto i mezzi di comunicazione svolgano un apprezzato servizio verso gli ammalati e coloro che sono impossibilitati a recarsi in chiesa, e hanno prestato un grande servizio nella trasmissione della Santa Messa nel tempo nel quale non c’era la possibilità di celebrare comunitariamente, nessuna trasmissione è equiparabile alla partecipazione personale o può sostituirla. Anzi queste trasmissioni, da sole, rischiano di allontanarci da un incontro personale e intimo con il Dio incarnato che si è consegnato a noi non in modo virtuale, ma realmente, dicendo: ‘Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui (Gv 6, 56)”.
Un “contatto fisico con il Signore è vitale, indispensabile, insostituibile”. “Una volta individuati e adottati gli accorgimenti concretamente esperibili per ridurre al minimo il contagio del virus, è necessario che tutti riprendano il loro posto nell’assemblea dei fratelli, riscoprano l’insostituibile preziosità e bellezza della celebrazione, richiamino e attraggano con il contagio dell’entusiasmo i fratelli e le sorelle scoraggiati, impauriti, da troppo tempo assenti o distratti”.
4. Infine, il Dicastero ha ribadito alcuni principi e suggerito alcune linee di azione per promuovere un rapido e sicuro ritorno alla celebrazione dell’Eucaristia:“La dovuta attenzione alle norme igieniche e di sicurezza non può portare alla sterilizzazione dei gesti e dei riti, all’induzione, anche inconsapevole, di timore e di insicurezza nei fedeli.
Si confida nell’azione prudente ma ferma dei Vescovi perché la partecipazione dei fedeli alla celebrazione dell’Eucaristia non sia derubricata dalle autorità pubbliche a un “assembramento”, e non sia considerata come equiparabile o persino subordinabile a forme di aggregazione ricreative.
Le norme liturgiche non sono materia sulla quale possono legiferare le autorità civili, ma soltanto le competenti autorità ecclesiastiche (cfr. Sacrosanctum Concilium, 22).
Si faciliti la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni, ma senza improvvisate sperimentazioni rituali e nel pieno rispetto delle norme, contenute nei libri liturgici, che ne regolano lo svolgimento. Nella liturgia, esperienza di sacralità, di santità e di bellezza che trasfigura, si pregusta l’armonia della beatitudine eterna: si abbia cura quindi per la dignità dei luoghi, delle suppellettili sacre, delle modalità celebrative, secondo l’autorevole indicazione del Concilio Vaticano II: «I riti splendano per nobile semplicità» (Sacrosanctum Concilium, 34).
Si riconosca ai fedeli il diritto di ricevere il Corpo di Cristo e di adorare il Signore presente nell’Eucaristia nei modi previsti, senza limitazioni che vadano addirittura al di là di quanto previsto dalle norme igieniche emanate dalle autorità pubbliche o dai Vescovi.
I fedeli nella celebrazione eucaristica adorano Gesù Risorto presente; e vediamo che con tanta facilità si perde il senso della adorazione, la preghiera di adorazione. Chiediamo ai Pastori di insistere, nelle loro catechesi, sulla necessità dell’adorazione”.
Torniamo con gioia all’eucarestia! sottolinea, dunque, l’essenzialità della dimensione comunitaria del culto cristiano, l’importanza dei riti, l’esclusiva competenza della Chiesa in materia liturgica e contro gli sconfinamenti delle autorità civili, il rispetto dei libri liturgici, il diritto dei fedeli di ricevere la Comunione “nei modi previsti”, tra i quali il tanto bistrattato modo di riceverla sulla bocca.
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